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Questa tesina di maturità ha come obiettivo quello di descrivere il romanzo Fai bei sogni, a tratti autobiografico, del vicedirettore de La Stampa Massimo Gramellini. È la storia di un segreto, rimasto nascosto per quarant'anni. È la storia di una persona che dall'età di nove anni, fino alla vita da adulto, è rimasta all'oscuro circa i fatti relativi alla morte di sua madre.
Come se il silenzio fosse un modo per cancellare le tragedie della vita. In realtà questo è un modo per rifiutarsi di accettare l'evento drammatico. Il silenzio come rifugio per non soffrire, uno stratagemma dell'anima a cui ricorre chi si trova di fronte ad una perdita improvvisa. Un rifugio temporaneo che non serve, un'illusione che fornisce linfa vitale al malessere esistenziale, al timore di vivere. Non è il superamento del dolore, ma è il rifiuto e la paura di conoscere la verità, una condizione che trascina verso lo smarrimento del proprio Io più profondo. Ed è questa la situazione del protagonista, un uomo insicuro a causa di una perdita che non è mai stato in grado di superare.
E' la sua storia, la storia del suo tormento e di come, un giorno, ha deciso di immergersi nel dolore, per superarlo e vivere un'esistenza autentica. Fai bei sogni è un romanzo in cui Gramellini parla della perdita, della verità e dei percorsi che il nostro Io compie per cercare di superare i drammi dell'esistenza. La tesina è monografica e attraverso il romanzo descrive il tema dell'infanzia.
FAI BEI SOGNI
analisi personalizzata
a cura di Francesca Di Noi
Classe V SE 1
«Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire.
Per non guarire. Perché altrimenti diventeremmo
quello che abbiamo paura di essere: completamente vivi.» 2
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La Stampa
Fai bei sogni è un romanzo, a tratti autobiografico, del vicedirettore de
Massimo Gramellini.
È la storia di un segreto, rimasto nascosto per quarant'anni.
È la storia di una persona che dall'età di nove anni, fino alla vita da adulto, è rimasta
all'oscuro circa i fatti relativi alla morte di sua madre.
Come se il silenzio fosse un modo per cancellare le tragedie della vita. In realtà questo
è un modo per rifiutarsi di accettare l'evento drammatico. Il silenzio come rifugio per
non soffrire, uno stratagemma dell'anima a cui ricorre chi si trova di fronte ad una
perdita improvvisa. Un rifugio temporaneo che non serve, un'illusione che fornisce
linfa vitale al malessere esistenziale, al timore di vivere. Non è il superamento del
dolore, ma è il rifiuto e la paura di conoscere la verità, una condizione che trascina
verso lo smarrimento del proprio Io più profondo. Ed è questa la situazione del
protagonista, un uomo insicuro a causa di una perdita che non è mai stato in grado di
superare.
E' la sua storia, la storia del suo tormento e di come, un giorno, ha deciso di
immergersi nel dolore, per superarlo e vivere un'esistenza autentica.
Fai bei sogni è un romanzo in cui Gramellini parla della perdita, della verità e dei
percorsi che il nostro Io compie per cercare di superare i drammi
dell'esistenza.
Vivere diventa l’occasione per perdonare chi si è sottratto a lui
prematuramente. 4
Perdita della madre
Durante i primi anni Massimo vive in una famiglia come tante, il tipico nucleo
famigliare composto da un padre, che lavora per mantenere la famiglia e una
madre, dolce e onnipresente, che accudisce amorevolmente il proprio bambino.
Solo una mamma riesce a rendere speciale anche una semplice malattia,
cercando di far sorridere il proprio bimbo, solo una mamma è in grado di
rendere la quotidianità di una famiglia felice e serena.
Venendo meno questa figura, il nucleo famigliare si spezza: rimangono solo
Massimo e il padre, legati da un silenzioso dolore che non riescono a
condividere.
Pur essendo piccolo, Massimo cerca di ricordarsi qualsiasi dettaglio della
madre, la cerca nei profumi, in ogni angolo della casa così tanto curata da lei.
Sente la mancanza di quei piccoli gesti carichi d'amore che solo una mamma
rivolge al proprio bimbo.
“Incominciavo a odiarla perché non tornava. Cercavo di non pensare a lei, ma
la testa era più forte del mio proposito e nei momenti di stanchezza prendeva il
sopravvento. Allora andavo alla deriva, trascinando detriti di ricordi. Il sapore
delle sue bistecchine al burro. L'odore buono dei suoi capelli quando
l'abbracciavo. L'ultima volta in cui eravamo stati felici”
Così tutte quelle donne che circondano la vita di Massimo non sono altro che
meccanici surrogati di una donna speciale quale è una mamma per il proprio
bimbo.
La notizia della morte della madre gli viene comunicata dopo qualche giorno,
forse perché si vuole risparmiare il dolore feroce, già difficile da accettare per
gli adulti, ad un piccolo così indifeso.
Il concetto di morte non è semplice da spiegare ad un adulto, figuriamoci
spiegare la perdita di una madre al proprio bambino.
L'elaborazione del lutto nell'infanzia a seguito della perdita di un genitore
è analizzata da John Bowlby all'interno della sua teoria dell'attaccamento,
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secondo la quale la reazione del bambino al lutto era un particolare caso di
angoscia da separazione dove la perdita risulta una forma irreversibile di essa.
Le fasi del lavoro del lutto individuate da Bowlbly sono:
torpore, la prima risposta di un bambino ad un abbandono,
caratterizzata da chiusura emozionale e negazione della realtà;
bramosia, indagine, collera durante la quale inizia la ricerca
mentale disperata della persona perduta, col tentativo mentale di
riaverla e di riunirsi a questa. Il pianto e la collera non sono altro
che espressioni fisiche per attirare l'attenzione;
disorganizzazione, disperazione e riorganizzazione: la perdita di un
genitore rappresenta la perdita di un punto di riferimento, di una
base sicura.
L'elaborazione del dolore consiste proprio nel permettere al soggetto di avere il
tempo di staccarsi dalla persona perduta per poter ritornare a nuove relazioni e
a ricostruire una base sicura.
Quello che è mancato nella vita di Massimo è stato proprio l'elaborazione del
dolore con la figura paterna. Il non aver condiviso la sofferenza per la perdita
della persona che entrambi amavano incondizionatamente li ha resi estranei
pur essendo legati in quanto padre e figlio.
Il venir meno di una reciproca consolazione ha creato tra i due un vuoto
incolmabile, reso ancor più palese quando il padre decise di indirizzare
l'educazione del bambino e il mantenimento di un ambiente familiare
“normale” a delle figure estranee che prendessero il posto della madre.
La perdita di “basi sicure” e costanti nella vita del bambino ha fatto sì che
crescesse come un adolescente insicuro e con un senso di inadeguatezza
perpetua.
Massimo non è mai riuscito a mostrare la propria sofferenza e ha sempre
cercato una forza o un demone interiore per poter superare i suoi turbamenti
infantili e adolescenziali.
Sentirsi diverso dagli altri bambini, consapevole di non avere più affianco la
figura della madre amorevole, già solo nei piccoli momenti di quotidianità e di
confronto con i suoi coetanei, lo conduce ad un disagio crescente per la sua
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