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Sintesi

Sintesi Attesa tesina



Aspettare. Questo è il tema che ho scelto di trattare nella mia tesina, sicuramente per il fatto che ognuno di noi spende gran parte della propria vita aspettando, quasi sperando, in un grande evento. Speriamo nella grande occasione che possa riscattarci da un’esistenza mediocre e banale, pur sapendo, spesso, quanto sia estremamente improbabile che ciò accada. Aspettiamo, lasciando sfuggire il nostro tempo prezioso, l’unico bene che veramente ci appartiene. Aspettiamo, perdendo il tempo a causa della nostra negligenza, senza riuscire a cogliere il suo vero valore.
Ho voluto, dunque, descrivere ed analizzare nella mia tesina di maturità il fenomeno dell’attesa attraverso le opere di Dino Buzzati, grande scrittore e pittore del Novecento italiano, maestro del surreale e dell’assurdo. Il tema dell’attesa viene spesso associato al luogo della frontiera, che sembra non interagire con lo spazio e il tempo, ed è sempre stato presente nella letteratura di tutti i tempi e di tutti i Paesi. Questa tematica, infatti, viene più volte trattata da Kafka, scrittore boemo di fine Ottocento, ed è il tratto distintivo della poetica di Coetzee, famoso scrittore contemporaneo sudafricano e vincitore del Premio Nobel per la letteratura.
La concezione dell’attesa e dell’angoscia provocata da essa è molto simile per i tre autori, che allo stesso modo rappresentano l’inutilità di aspettare, il soffrire nello spazio della frontiera e la paura dell’ignoto da parte di chi aspetta. L’ignoto perde tutto ciò che aveva di maestoso ed eroico e l’uomo si ritrova tragicamente intrappolato nel limite, ma continua a nutrirsi di esso. A volte, in questo così lontano dal tempo e dallo spazio, la frontiera, si accende qualche speranza di cambiamento, di riscatto. E allora si ricomincia ad aspettare.

“Questo mondo resisteva finché io continuavo a rodermi per la uniformità delle giornate, il tempo che passa senza progressi, lo squallore dell’avvenire. Illuso, invocavo il sole. Ora che c’è il sole, ogni tormento si è spento e i minuti cancellano rapidamente il rimpianto di quello che ho lasciato.”

Dino Buzzati

Collegamenti


Attesa tesina



Italiano - L'attesa in Buzzati.
Inglese - Poetica di Coetzee.
Storia dell'arte - Van Gogh e Munch.
Tedesco - Kafka.
Estratto del documento

ASPETTARE

Liceo Scientifico Manfredo Fanti – Carpi

Esame di Stato 2014 Lettura comparata sul

Materie coinvolte: sentimento dell’attesa:

Letteratura italiana Buzzati, Coetzee e Kafka

Letteratura inglese

Letterature tedesca

Storia dell’arte Greta Rossi

Indirizzo scientifico; classe V, sez. A

Anno scolastico 2013/2014

(Fortezza del Volterraio, Isola d’Elba, Toscana – ca. 1000) ASPETTARE

1

INDICE

Introduzione .......................................................... pag. 2

Mappa concettuale .................................................... pag. 3

Dino Buzzati e “Il deserto dei Tartari” ...................................... pag. 4

J.M.Coetzee and “Waiting for the Barbarians” ................................. pag. 7

Analogie e differenze: l’attesa e lo spazio dell’attesa ............................................... pag. 9

Kafka e “Das Schloss”…………………………………………. pag. 15

Bibliografia e sitografia .............................................. pag. 17 ASPETTARE

Introduzione 2

Aspettare. Questo è il tema che ho scelto di trattare nella mia tesina, sicuramente per il fatto che

ognuno di noi spende gran parte della propria vita aspettando, quasi sperando, in un grande

evento. Speriamo nella grande occasione che possa riscattarci da un’esistenza mediocre e banale,

pur sapendo, spesso, quanto sia estremamente improbabile che ciò accada.

Aspettiamo, lasciando sfuggire il nostro tempo prezioso, l’unico bene che veramente ci

appartiene. Aspettiamo, perdendo il tempo a causa della nostra negligenza, senza riuscire a

cogliere il suo vero valore.

Ho voluto, dunque, descrivere ed analizzare il fenomeno dell’attesa attraverso le opere di Dino

Buzzati, grande scrittore e pittore del Novecento italiano, maestro del surreale e dell’assurdo.

Il tema dell’attesa viene spesso associato al luogo della frontiera, che sembra non interagire con lo

spazio e il tempo, ed è sempre stato presente nella letteratura di tutti i tempi e di tutti i paesi.

Questa tematica, infatti, viene più volte trattata da Kafka, scrittore boemo di fine Ottocento, ed è

il tratto distintivo della poetica di Coetzee, famoso scrittore contemporaneo sudafricano e

vincitore del Premio Nobel per la letteratura.

La concezione dell’attesa e dell’angoscia provocata da essa è molto simile per i tre autori, che allo

stesso modo rappresentano l’inutilità di aspettare, il soffrire nello spazio della frontiera e la paura

dell’ignoto da parte di chi aspetta. L’ignoto perde tutto ciò che aveva di maestoso ed eroico e

l’uomo si ritrova tragicamente intrappolato nel limite, ma continua a nutrirsi di esso.

A volte, in questo così lontano dal tempo e dallo spazio, la frontiera, si accende qualche speranza

di cambiamento, di riscatto. E allora si ricomincia ad aspettare.

“Questo mondo resisteva finché io continuavo a rodermi per la uniformità delle giornate, il tempo

che passa senza progressi, lo squallore dell’avvenire. Illuso, invocavo il sole. Ora che c’è il sole, ogni

tormento si è spento e i minuti cancellano rapidamente il rimpianto di quello che ho lasciato.”

[Il pianeta Buzzati, a cura di Almerina Buzzati e Guido Le Noci, Edizioni Apollinaire, Milano]

ASPETTARE

3

Mappa concettuale ASPETTARE

Buzzati Coetzee Kafka

Vita Life

The masterpiece

Genesi de Romanzo

“Waiting for the

“Il deserto dei incompiuto “Das

barbarians”

Tartari” Schloss”

I grandi temi della

poetica buzzatiana Lettura comparata: analogie

e differenze

I nomi Il colore: il

Lo spazio: la Il tempo:

giallo

frontiera l’attesa

Da Van Gogh a Munch:

il colore dell’angoscia ASPETTARE

4

Dino Buzzati e “Il deserto dei Tartari”

E’ sicuramente di fondamentale importanza conoscere, almeno

in parte, la vita di un autore per comprendere al meglio quanto

essa abbia influenzato la sua poetica; in questo caso, dunque, è

necessario comprendere da dove abbia avuto origine il tema

dell’attesa nello scrittore Buzzati e come esso si sia sviluppato.

Dino Buzzati nacque a Belluno nel 1906, nella residenza estiva

della famiglia. La madre, Alba Manovani, viene descritta come

un’ottima educatrice, severa e comprensiva, e Buzzati visse con

lei fino alla sua morte. Viene definita dallo stesso figlio come una

donna straordinaria, di forte tempra umana ma

spaventosamente ignara della malizia della gente e finché viva,

Buzzati non sentì mai il bisogno di costruirsi una famiglia.

Si sposerà, infatti, solo nel 1966 con Almerina Antoniazzi e la coppia risulterà molto affiatata nonostante la

sensibile differenza di età – 35 anni. Ciò che li lega è un profondo rispetto reciproco e una grande

complicità: lei sa come prenderlo e come interpretare i suoi desideri, come lenire le sue ansie. C’è affetto e

intesa, e molti interessi comuni, a partire da quello per l’arte; insieme, infatti, vennero a conoscenza di

Andy Warhol e della pop art, alla quale Buzzati si avvicinò

sempre di più negli anni seguenti.

A chi chiese il motivo per cui avesse aspettato così tanto tempo

per sposarsi, lo scrittore rispose che ciò era dovuto alla fortuna

di avere una madre, Alba, in grado di mantenere, anche come

atmosfera, la famiglia tale e quale come quando lui era bambino.

Quindi, diventato grande, non sentì mai quel bisogno che spinge

gli uomini al matrimonio. Solo con l’amore per Almerina,

raccontò Buzzati, “non c’era santo che ti tenesse”.

Così, Almerina è l’unica donna che riuscì a placare l’inquietudine

generale che attraversava Buzzati e che non era né sporadica né

momentanea. Era un’ansia che gli fu costantemente a fianco,

diventando più profonda e radicata nel corso degli anni.

Buzzati è sempre tormentato dalla solitudine e dall’incertezza

del futuro; in ogni riga delle lettere inviate al migliore amico

Arturo Brambilla traspare con evidenza questo timore

dell’ignoto, seppur in maniera inconsapevole ed appena accennata. E’ questo l’elemento di fondo che

alimenta il suo romanzo più famoso, Il deserto dei Tartari. I temi principali sono la routine, fatta di giorni

uno uguale all’altro, che spegne il desiderio di successo, l’illusione che il mondo abbia riservato ad ogni

uomo un trattamento speciale, l’attesa del riscatto, della fama, che nel periodo giovanile Buzzati si

tormenta di aver già perso, o meglio, di non poter più cogliere a causa della sua inettitudine.

Di fronte a questo, tutto ciò che aveva cullato pazientemente negli anni – le illusioni, le speranze, i sogni,

insieme a quella convinzione di avere una marcia in più che gli avrebbe permesso di combinare qualcosa di

ASPETTARE

notevole – è come se si sciogliesse, si sgretolasse, facendo crollare sia l’ambizione sia la caparbietà che lo 5

avevano sempre contraddistinto e sostenuto.

La sua particolare personalità emerge pienamente nel suo primo romanzo Il deserto dei Tartari, capolavoro

che lo consacrerà definitivamente come scrittore. Pubblicato nel 1940, è la storia di Giovanni Drogo,

giovane ufficiale assegnato alla Fortezza Bastiani, un luogo di frontiera, al confine del grande deserto del

Nord. Dopo aver consumato la vita nell’attesa dei Tartari, dovrà partire, malato, proprio mentre stanno

arrivando.

Buzzati lavora al libro nella seconda metà degli anni Trenta; ogni notte, tornato a casa dopo la chiusura del

giornale Il Corriere della Sera, per il quale lavora sin dal 1928, si mette a letto con la macchina da scrivere

sulle gambe e scrive fino all’alba. L’idea del romanzo gli viene proprio dalla routine quotidiana a lavoro. Lo

spiega in un’intervista ad Alberto Sala, raccontando quanto, dal

1933 al 1939, egli abbia lavorato lì tutte le notti e quanto il

lavoro fosse piuttosto pesante e monotono. I mesi passavano,

passavano gli anni, e Buzzati si chiedeva se sarebbe andata

avanti sempre così, se le speranze, i sogni inevitabili di quando

si è giovani, si sarebbero atrofizzati a poco a poco, se la grande

occasione sarebbe venuta o no. Intorno a sé vedeva uomini

trasportati dallo stesso lento fiume ed egli si domandava se

anche lui un giorno si sarebbe trovato nelle stesse condizioni.

Secondo Buzzati è chiaro che la stessa situazione si presenta in

tutti i generi di lavoro, in tutte le carriere. Era insomma un

tema abbastanza universale, una macchina nei cui ingranaggi

era preso lui, ma che macinava anche la stragrande

maggioranza dei suoi simili.

Secondo lo scrittore, l’ambiente militare, specificatamente

quello di una fortezza al confine, gli ha offerto due grandi

vantaggi. Primo quello di esemplificare il tema della speranza e

della vita, che passa inutilmente, con una maggiore evidenza,

perché la disciplina e le regole militare sono molto più lineari, rigide e inesorabili di quelle instaurate in un

ambiente come quello della redazione giornalistica, dove Buzzati lavorava. Nell’ambiente militare, dunque,

la storia ha potuto acquistare una forza di allegoria riguardante tutti gli uomini.

Il secondo grande vantaggio è il fatto che la vita militare

corrispondeva alla stessa natura di Buzzati, da sempre attratto

profondamente dallo spirito di quel mondo.

Originariamente intitolato La fortezza, il romanzo cambiò titolo in Il

deserto dei Tartari perché il primo titolo correva il rischio di risultare

troppo allusivo alla guerra ormai imminente. Il romanzo esce nel

1940, non senza oggetto, però, di un altro cambiamento, il

passaggio dal lei al voi imposto dal fascismo.

Il deserto dei Tartari ottenne un buon successo e Buzzati lo ha

definito sempre come il libro della sua intera vita, perché quando lo

stava scrivendo capiva che avrebbe dovuto continuare a scriverlo ASPETTARE

per tutta la durata della sua esistenza e concluderlo solo alla vigilia della morte. 6

Nel 1939, poco prima della pubblicazione di quello che può essere considerato come il suo più grande

capolavoro, Buzzati si trova in Africa, come inviato speciale del Corriere. Il suo compito è quello di

presentare il nuovo Eldorado italiano, illustrare il sogno africano di migliaia di persone.

Buzzati non voleva partire, è sconsolato, impaurito dal nuovo incarico. Ha l’impressione che non saprà più

ritrovarsi nella cornice della sua vita, che gli antichi interessi spariranno, che l’animo resterà vuoto.

Scrive sul suo diario: “Illuso, invocavo il sole. Ora che c’è il sole, ogni tormento si è spento e i minuti

cancellano rapidamente il rimpianto di quello che ho lasciato. Resto così solo con i timori più meschini, che

si moltiplicano al pensiero che non ci sarebbe alcun aiuto; tutti pensano esclusivamente a sé stessi, non si

curano degli altri..”. Solo la madre rompeva questa legge esclusiva, lei aboliva la solitudine. “Ma di ora in

ora sempre più chilometri si accumulano a fare immensa la separazione”(1974).

Queste pagine di diario, che scandiscono ogni momento del suo lungo viaggio, bene evidenziano lo spirito

con cui Buzzati si prepara a questo incarico. Come Giovanni Drogo, il protagonista de Il deserto dei Tartari,

anche lo scrittore attendeva la grande occasione, quella che

avrebbe potuto riscattarlo da una vita monotona e mediocre.

Ma ora che la grande occasione è arrivata, ora che c’è il sole

che andava invocando, Buzzati non è più sicuro di volerlo; non

si sente pronto, non crede nelle proprie capacità, e vorrebbe

tornare indietro all’esistenza grigia, ma più rassicurante, della

routine quotidiana al Corriere della Sera.

Quelli in Etiopia sono stati dodici mesi duri, per certi aspetti

difficili, senz’altro istruttivi sotto il profilo sia umano sia

professionale, dove non sono mancati anche alcuni successi.

Ciononostante, Buzzati non è contento, bensì attraversato dalla

sua tipica insoddisfazione, da quell’ansia esistenziale, un misto

di ambizione e insicurezza, che non gli permette di

tranquillizzarsi e saziarsi mai. Sente di non aver combinato

niente.

Dino Buzzati, dunque, si distingue per il proprio stile, la propria poetica, di cui i temi dell’attesa, del tempo

che passa, della provvisorietà della vita, della morte sono i tratti distintivi. Insieme con il verosimile e con la

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