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Sintesi
Letteratura italiana, inglese: -L’ELABORAZIONE DEL LUTTO, VARCO VERSO LA PROBA APOFANIA-
Letteratura greca: -RITROVARE LA RAGIONE ATTRAVERSO LA FEDE: DIONISISMO E TARANTISMO A CONFRONTO-
Letteratura latina: -TROVARE LA FEDE ATTRAVERSO LA RAGIONE: LA CONVERSIONE-
Storia: -DAL NON EXPEDIT AL PARTITO POPOLARE, FEDE E RAGIONE SI ACCORDANO-
Filosofia: -LA RAGIONE ARRIVA ALLA FEDE: KIERKEGAARD E COMTE-
Geografia astronomica, fisica: -IL SOLE, MODELLO DI ANNUNCIO-
Estratto del documento

DISPERAZIONE E DISORGANIZZAZIONE. Solo se si tollera il dolore si può

lentamente elaborare il lutto. La graduale accettazione della perdita permette di

passare alla quarta ed ultima fase di RIDEFINIZIONE DI SE STESSO E DELLA

SITUAZIONE che può durare alcuni anni. In questa fase alcuni modelli di

comportamento, sentimento e pensiero condivisi con la persona morta si perdono e se

ne conservano altri. In questa fase del lutto ci sono sogni vividi e sensazioni di

presenza, così la persona scomparsa viene “ricollocata” emozionalmente nel mondo

interno del superstite, dando luogo ad un minor isolamento affettivo e sociale.

Introdotto il lutto e la sua elaborazione è ora più semplice comprendere alcuni pieghe

dell’animo degli autori.

Giuseppe Ungaretti nacque ad Alessandria d’Egitto nel 1888 e trascorse in Africa

l’infanzia, e nel 1912 si trasferì a Parigi, dove entrò in contatto con gli ambienti

dell’avanguardia francese. Partì come soldato per la Prima Guerra Mondiale e tale

esperienza fu fondamentale per la sua vocazione di poeta. Fu professore in Brasile e

traduttore da varie lingue. Morì a Milano nel 1970. Le principali raccolte di Ungaretti

sono Il porto sepolto(1917), Allegria di naufragi (1919), Sentimento del tempo

(1933) e Il dolore (1947). Negli anni ’50 e ’60 furono pubblicate diverse raccolte.

Nella prima fase di Ungaretti (successivamente raccolta in L’allegria) il poeta ha uno

stile espressionistico e rivoluzionario i cui caratteri principali sono la frantumazione

metrica e sintattica e la quasi totale assenza di punteggiatura. La seconda fase (quella

di Sentimento del tempo) della scrittura ungarettiana riprende i metri classici ed ha un

ritorno al classicismo anche da un punto di vista espressivo. Il filo che unisce le due

fasi poetiche è la “religione della parola”: in Ungaretti la parola viene caricata al

massimo di tensione espressiva e ciò dimostra la fiducia nella poesia come foriera di

verità attraverso le parole. La poesia ungarettiana è la sintesi dell’abilità tecnica e

dell’ispirazione lirica ed è l’unico tramite, secondo Ungaretti, tra storia e l’assoluto o

tra le realtà sensibili e quelle sovrasensibili. A tale proposito, la poesia La madre

canta il rapporto tra la madre scomparsa e il figlio ancora vivente. La poesia è stata

scritta nel 1930, subito dopo la morte della madre. Il lutto spinge l’autore a

considerare in prospettiva la propria morte, momento della ricongiunzione tra madre

e figlio. Nel testo emerge che, con il ripristino del rapporto con la madre, il poeta

recupererà anche l’innocenza scaturente da tale rapporto; l’innocenza del rapporto

sarà resa possibile dal perdono divino, ottenuto per intercessione della madre. Il gesto

estremo dell’intercessione presso Dio indica un severo atteggiamento di

subordinazione degli affetti familiari ai valori morali. Il testo è esemplificativo della

concezione religiosa del poeta che vede la morte come il ritorno a Dio e il recupero

dell’innocenza perduta. Il testo recita:

E il cuore quando d’un ultimo battito

Avrà fatto cadere il muro d’ombra,

Per condurmi, Madre, sino al Signore,

Come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,

Sarai una statua davanti all’Eterno,

Come già ti vedeva

Quando eri ancora in vita .

Alzerai tremante le vecchie braccia,

Come quando spirasti

Dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,

ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,

E avrai negli occhi un rapido sospiro.

Il componimento dal punto di vista metrico è un ottimo esempio del fare poetico di

Ungaretti nel suo secondo periodo; i versi tradizionali vengono recuperati,

endecasillabi e settenari si alternano alla maniera tradizionale in cinque strofe di

lunghezza diversa. All’interno del carme le strofe subiscono una contrazione

dell’estensione, per meglio consentire la carica simbolica di ogni parola. Le strofe

prima, quarta e quinta, in cui il poeta parla di sé, sono tutte composte da

endecasillabi, metro con il quale il poeta rappresenta la riflessione attorno a se stesso,

conferendo solennità e distensione alla poesia; invece la seconda, la terza, composte

di cinque settenari e due endecasillabi cantano la madre e rievocano la tragedia della

morte. In Sentimento del tempo le caratteristiche fondamentali della poesia

ungarettiana sono: il preziosismo aulico e la libertà analogica; il primo comporta la

ricerca raffinata di un fare poetico mirante al sublime, su stampo petrarchista; la

seconda porta alle estreme conseguenze le correspondances.

In La madre si possono ravvisare il preziosismo nella ricercatezza formale e nella

precisa disposizione dei versi e la libertà analogica al verso 6 in cui il poeta descrive

la posizione solenne della madre come una statua.

Analizzando le tematiche del carme è possibile considerare i temi della morte e del

rapporto madre e figlio alla luce sia della fede sia della ragione. La poesia è immersa

in uno slancio fideistico del poeta; il poeta evita qualsiasi riferimento al mondo

umano e la morte non è foriera di dolore ma trampolino di lancio verso un futuro

incontro con la madre e non come una netta cesura nel rapporto. Razionalmente la

poesia può essere interpretata con una chiave psicoanalitica, ponendo la figura Divina

come datrice del perdono; Dio dunque diviene il detentore della legge morale e solo

dopo aver ricevuto il perdono divino, sottomettendosi alla moralità, il poeta ha

possibilità di recuperare il rapporto con la madre anche se in forma sublimata e

spirituale. Considerando ancora da un punto di vista psicanalitico la poesia emergono

due temi importanti: la rielaborazione del lutto e la messa in gioco della relazione

edipica tra madre e figlio. I temi sono introdotti attraverso un prezioso gioco poetico

dell’autore e una forte mediazione intellettuale, dovuta all’inizio della conversione, è

però palese il forte coinvolgimento emotivo del poeta che nell’atto del porgere la

mano alla madre regredisce all’infanzia e nella volontà stroncata di farsi guardare

dalla madre con un “rapido sospiro” (v 15) dichiara la voglia di una relazione fisica, e

non spirituale con la madre.

La figura di Ungaretti è importante per la letteratura italiana di inizio novecento ma

scendendo nell’esperienza di vita di un giovane contemporaneo l’esperienza del lutto

è vissuta diversamente, l’unico esempio che rappresenti veramente le reazioni di un

giovane è Bianca come il latte rossa come il sangue, non essendo (purtroppo) ancora

considerato letteratura non è stato possibile rinvenire letture critiche dell’opera,

dunque ho contattato l’autore che mi ha consigliato alcuni suoi scritti e alcune

interviste rilasciate con le quali ho analizzato il tema della morte e la modalità di

rielaborazione del lutto di un adolescente contemporaneo. La trama e le principali

tematiche dell’opere sono chiarite in un articolo in cui l’autore dice << […]Per ogni

emozione un colore. Una scala cromatica al contrario: il bianco non è pace, ma

solitudine, ospedale, silenzio. Il rosso, ovviamente, è passione ma anche sangue e

perfino capelli. E l' azzurro, invece, è occhi, mare e cielo.[…] Leo, il protagonista che

“è nato il primo giorno di scuola, cresciuto e invecchiato in soli duecento giorni”, si

innamora di Beatrice, una bella rossa, compagna di scuola. Ma il dramma della

leucemia è in agguato e, tra professori dai nomi un po' troppo sentimentali, come "il

sognatore", il prof di filosofia tra le nuvole, e "Gandalf", il docente di religione che si

ispira - per ammissione dell' autore - un po' a padre Pino Puglisi e un po' a "Il signore

degli anelli" - Leo si ritrova a porsi delle domande da adulto. Il filo conduttore è

sempre il colore che cerca di esplicitare la psicologia della solitudine dei ragazzi: il

bianco. “È un colore che non sopporto: non ha confini - scrive D' Avenia - Passare

una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio in

bianco, avere un capello bianco. Anzi, il bianco non è neanche un colore. Non è

niente, come il silenzio”. I problemi di Leo sono comuni a tutti gli adolescenti: un

risultato scolastico non eccellente con qualche problema di congiuntivi, le partite di

calcetto, gli amici con cui girare in motorino e i primi amori ginnasiali. Un ragazzino

che ogni tanto si sente “un naufrago al centro di un oceano di solitudine”. Una scuola

senza troppi bulli, anoressici, drogati e con pochissimo Grande Fratello. […] Il

protagonista di "Bianca come il latte, rossa come il sangue" cresce in fretta perché

scopre cosa significa essere innamorato di una persona che sta morendo e, pagina

dopo pagina, si delinea anche il suo primo rapporto con Dio: “Cade per terra il

crocifisso. Lo stringo in mano. Incazzato. Lo guardo. Anche lui dorme. Anche lui ha

lo sguardo di Beatrice mentre dorme. E io capisco che anche lui capisce cosa prova

Beatrice, perché sembra esserci passato. Perché le persone buone, ammesso che tu

esista, devono soffrire?”. Nelle pagine di D' Avenia emerge costantemente il tema

della religione, un scelta piuttosto ardita se si parla con i ragazzi: «Dio non è un

argomento poco cool. Anzi molti ne vorrebbero sapere di più. Una volta una mia

alunna mi ha scritto questa frase: "Dio non esiste. Dio non mi vuole bene". Lei come

tanti altri cercano solo qualcuno con cui confrontarsi. E io gli do la possibilità di

parlarne. Lo so che a molti può sembrare una scelta controcorrente, ma io preferisco

questo alla filosofia del Grande Fratello ». Un po' "L' attimo fuggente" e un po'

"Scusa ma ti chiamo amore", il romanzo descrive una famiglia dai soliti problemi,

con qualche porta che sbatte, qualche discussione sopra le righe ma, strano a dirlo,

senza amanti e con due genitori pronti a essere da esempio al figlio. […] Come tutti i

libri che si rispettino, non è mancata una polemica, questa volta legata al fatto che

D' Avenia si sarebbe ispirato un po' troppo a una storia vera, la morte di leucemia di

una studentessa dai capelli rossi: «Durante una supplenza un ragazzino ha raccontato

del lutto che era capitato in quella scuola qualche tempo prima. Dalla sua faccia ho

capito che l' aveva toccato in modo particolare. Tutto qui. Il resto non mi interessa e

1

mi dispiace del polverone che si è creato» . >>

Leo supera l’esperienza della morte di Beatrice, dopo una lunga vacanza, facendo

ricorso ai discreti genitori che giganteggiano sullo sfondo di tutto il romanzo, impara

il valore dell’amore e riesce a razionalizzare l’esperienza vissuta.

Le figure genitoriali positive e la distanza dall’ambiente tipico di vita sono gli

elementi che lo legano alla figura di Eveline. Leo ed Eveline sono antitetici; la

giovane, la cui storia viene raccontata in Gente di Dublino non supera la morte della

madre a causa dell’enormi responsabilità di cui si è sobbarcata e dell’ingombrante e

negativa figura del padre. Eveline è innamorata di un uomo che ricambia il suo

sentimento ma dopo aver deciso di scappare con lui rimane paralizzata dai suoi moti

interiori.

James Joyce (2 February 1882 – 13 January 1941) was an Irish novelist and poet,

considered one of the most influential writers in the modernist avant-garde of the

early 20th century. Joyce was born into a middle-class family in Dublin, where he

excelled as a student at the Jesuit schools. After his graduation in 1902 he went to

Paris with the intention of studying medicine, but after few months he comes back in

1 Riadattato da A. Falsone, La Repubblica (Palermo),5 marzo 2010

Dublin because his mother was dying. In 1904 he meets Nora Barnacle and then they

left once again for the Continent. In 1905 he first went to Zurich and then he became

teacher at Berlitz school in Trieste. He will stay in Trieste until 1915. He spends the

later years between Zurich, Paris. He died in 1941 in Zurich. Though most of his

adult life was spent abroad, Joyce's fictional universe does not extend far beyond

Dublin. Most important Joyce’s works are Chamber Music (1907), Dubliners (1914),

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