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Sintesi

Introduzione Alzheimer, tesina



La mia tesina di maturità descrive la malattia degenerativa dell'Alzheimer. In primis, ringrazio la scuola e l’istituto di ricerca Mario Negri per l’opportunità che mi è stata data: svolgere uno stage estivo presso uno dei migliori centri di ricerca d’Italia; ringrazio per aver avuto la possibilità di lavorare al fianco di ricercatori professionisti con anni di esperienza alle spalle. Essi hanno saputo aprirmi gli occhi su un mondo, che, a volte, rimane un po’ oscuro e che per chi osserva non è mai molto chiaro quanto faccia per noi. Il mio grazie va anche ad Alfredo e Alessandro, i miei responsabili di laboratorio, che mi hanno seguito passo per passo, rispondendo ad ogni domanda e perplessità mi venisse in mente, rendendomi così sicuro e autonomo davanti a strumenti e tecniche a me sconosciute fino ad allora. Infine il mio grazie più grande va a tutti i summer students che questa estate, come me, hanno passato un’esperienza di lavoro unica; un mese e mezzo nel quale ci siamo accompagnati a vicenda lungo un percorso pieno d’impegno, che a volte, tra attività, lezioni, esperimenti, orari ristretti e un sole che spaccava le pietre ma anche temporali che quando arrivavano non accennavano a finire, poteva risultare ed è risultato faticoso, ma giorno dopo giorno con il sorriso sulle labbra si è rivelato stupendo.
La mia tesina non si collega a molte materie perchè essendo un esperienza lavorativa non è stato possibile aggiungere altri argomenti che potessero essere inerenti senza risultare superflui.

Collegamenti


Alzheimer, tesina



Chimica Strumentale: HPLC, spettrometro di massa, liofilizzatore, RPS.
Biochimica: Peptidi e sintesi in fase solida.
Biologia: C.Elegans.
Estratto del documento

La produzione di proteine amiloidee avviene normalmente anche nel cervello

di soggetti sani: infatti la produzione di queste proteine sembra essere un

processo fisiologico nel nostro corpo ma, per motivi non ancora ben noti, nei

soggetti che svilupperanno la malattia il processo di degradazione delle APP

col passare degli anni subisce un significativo acceleramento, causando quindi

i tipici accumuli nel tessuto.

Le proteine amiloidee sono di diversa natura e non vengono prodotte solo a

livello del cervello, ma anche in alcuni organi del nostro corpo, e a seconda del

tessuto colpito, si ha la manifestazione di diverse malattie definite

generalmente amiloidosi.

Le amiloidi a livello tissutale sono composte, come nel cervello, da frammenti

o intere proteine normalmente solubili, che a causa di errori di assemblaggio si

sono depositate nello spazio extracellulare come fibrille insolubili, le quali

accumulandosi distruggono la struttura e compromettono la funzione di

organi e tessuti, causando l’insorgenza della patologia.

Le amiloidi prodotte, pur essendo di natura

diversa, presentano caratteristiche peculiari

comuni:

1. Conformazione a β-foglietto

2. Insolubilità delle fibrille di amiloide

neinormali solventi fisiologici

3. Resistenza alla digestione proteolitica

Per questo motivo l’amiloidosi non può essere definita un’unica malattia, ma

un gruppo di malattie che hanno in comune il deposito di proteine simili. 4

Le proteine male assemblate sono normalmente degradate all’interno della

cellula a livello dei proteosomi, o all’esterno della cellula per azione dei

macrofagi; nell’amiloidosi questo meccanismo di rimozione fallisce portando

così ad un progressivo accumulo di queste proteine errate.

Le proteine amiloidee possono creare accumuli a tre livelli diversi:

1. A livello del nucleo;

2. A livello del citoplasma;

3. A livello extracellulare.

Ad oggi la causa e gli errori che portano alla formazione di queste proteine

non è ben nota; per questo motivo sono state sviluppate diverse metodologie

volte a simularne gli effetti in vitro e in vivo. Uno dei modelli più semplici per lo

studio della malattia di Alzheimer prevede la sintesi di β-amiloidi sintetiche per

determinarne caratteristiche e meccanismi di azione. 5

Le β-amiloidi sono proteine molto corte ( ) con un peso

42 amminoacidi

molecolare ridotto:

Asp-Ala-Glu-Phe-Arg-His-Asp-Ser-Gly-Tyr-Glu-Val-His-His-Gln-Lys-Leu-Val-Phe-Phe-Ala-Glu-

D A E F R H D S G Y E V H H Q K L V F F A E

Asp-Val-Gly-Ser-Asn-Lys-Gly-Ala-Ile-Ile-Gly- Leu-Met-Val-Gly-Gly-Val-Val-Ile-Ala

D V G S N K G A I IG L M V G G V VI A

Questo tipo di proteine sono definite peptidi,

ovvero qualsiasi composto formato da due

( ), pochi ( ) o molti ( )

dipeptide oligopeptide polipeptide

aminoacidi, legati tra di loro tramite condensazione

di un gruppo carbossilico ( ) di un

–COOH

aminoacido con il gruppo amminico ( ) del

–NH 2

successivo, attraverso un tipo particolare di legame

ammidico detto legame peptidico ( )

–NH–CO– .

Queste piccole catene proteiche hanno sempre una massa inferiore ai 10 000

Dalton e sono costituite da un numero compreso fra i 2 e gli 80 amminoacidi.

Nel nostro corpo i peptidi vengono sintetizzati a livello dei ribosomi, organuli

cellulari specializzati nella sintesi proteica.

Fase 1: nel citosol ogni amminoacido si lega

in modo covalente allo specifico tRNA

Fase 2: l’mRNA si lega all’unità inferiore del

ribosoma, permettendo l’aggancio del

tRNA che porta l’amminoacido di inizio

relativo alla specifica tripletta ( ).

AUG

Fase 3: il tRNA porta nell’esatto ordine gli

amminoacidi grazie al corretto appaiamento

con il corrispettivo codone sull’mRNA,

allungando così la catena.

Fase 4: il completamento della catena è segnalato da uno specifico codone

chiamato codone di STOP ( ); ora la catena completa viene

UAA; UAG; UGA

rilasciata dal ribosoma grazie a proteine chiamate fattori di rilascio, in modo

da lasciare libero il ribosoma per una nuova sintesi.

Successivamente assumerà la sua conformazione tridimensionale nello spazio. 6

Il legame peptidico fra due amminoacidi è semplice da ottenere, ma se in

laboratorio si fanno reagire per riscaldamento una miscela dei due

amminoacidi ( ), così come sono, non si otterrà mai solo il prodotto

Gly e Ala

desiderato ( ), ma si avranno almeno altri tre prodotti indesiderati, se si

Gly-Ala

considerano solo le possibili combinazioni di dipeptidi.

Questo procedimento ha una resa molto bassa e impiega un grande dispendio

di tempo per purificare la soluzione ottenuta che contiene comunque solo una

minima parte del dipeptide desiderato.

Per questo motivo fu introdotta negli anni ’60 da Bruce

Merrifield la sintesi in fase solida.

La sintesiin fase solida prevededi ancorare la catena

peptidica in crescita, attraverso il gruppo carbossilico del

primo amminoacido, ad una resina composta da un

supporto polimerico non solubile.

In questo modo, il polipeptide rimane “agganciato” al supporto perl’intera

durata della sintesi, mantedendo la sequenza desiderata.

Gli amminoacidi sono anidri e vengono aggiunti singolarmente ad ogni ciclo

assieme a dei solventi in un reactor vessel in cui è già presente la resina,

permettendo cosìla giusta formazione del legame.

Data poi la ripetitività delle operazioni previste

per condensare un amminoacido all’altro, risulta

possibile automatizzare il processo con un

notevole risparmio di tempo ed una più elevata

riproducibilità.

Al termine della sintesi, il polipeptide viene allontanato dal supporto e

vengono contemporaneamente rimosse le protezioni introdotte nei gruppi

della catena laterale. 7

Fase 1: il primo amminoacido della

catena si lega alla resina tramite il

gruppo carbossilico

Fase 2: l’amminoacido legato alla

resina perde il gruppo protettore

Fmoc che impediva al gruppo

amminico di reagire, mentre il

successivo subisce un’attivazione

del gruppo carbossilico.

Fase 3: i due amminoacidi sono

pronti per formare il legame

peptidico.

Fase 4: grazie all’intervento e la

successiva perdita del gruppo

attivatore sul gruppo carbossilico

è possibile la formazione del

legame.

Fase 5: aggiunto l’ultimo

amminoacido si ha la rimozione

del gruppo Fmoc che lo

proteggeva, ma il peptide è ancora

legato alla resina e presenta inoltre

gruppi i protettori della catena

laterale che impediscono la

ramificazione durante la sintesi,

vengono rimossi entrambi con

TFA filtrando a pressione ridotta.

Si lascia poi asciugare e si

precipita il peptide con etere

etilico freddo per essere poi filtrato sotto vuoto, lavato nuovamente con etere

etilico freddo e infine liofilizzato per essere purificato in HPLC.

Per ogni ciclo lo strumento impiega circa 30 minuti e necessita di una quantità

10 volte maggiore di amminoacidi di quanta ne servirebbe (si garantisce in

questo modo l’attacco), permettendo così di ottenere una quantità di prodotto

decisamente maggiore rispetto alla sintesi priva di gruppi protettori. 8

Alla fine del processo, insieme al peptide corretto, se ne ottengono molti altri

che possono differire anche per un solo amminoacido; per questo motivo è

necessario che la resa della reazione di inserimento di ogni amminoacido sia il

più possibile vicina al 100%.

Il prodotto della sintesi, non essendo puro, deve andare incontro ad un

processo di purificazione che parte dall’HPLC fino ad arrivare al liofilizzatore

passando per lo spettrometro di massa e nuovamente per l’HPLC.

Solo alla fine di questo si otterrà il peptide desiderato e sarà possibile

utilizzarlo per lo studio sperimentale. 9

La prima tappa è l’HPLC ( ).

cromatografia in fase liquida ad alte prestazioni

L’HPLC è uno strumento cromatografico che permette di separare due o più

composti presenti in un solvente sfruttando l'equilibrio di affinità tra una “fase

stazionaria” ( ), impaccata all'interno di una colonna

microparticelle porose 5-10 μm

cromatografica con lunghezza variabile e una “fase mobile” che fluisce

attraverso essa. Essendo la fase stazionaria estremamente fine, per permettere

un flusso continuo ( ), è necessario esercitare una pressione

1ml/minuto

relativamente alta ( ) attraveso apposite pompe.

70 atm

Per effettuare l’analisi il peptide liofilizzato viene disciolto in 1ml di

acqua+TFA ( ) che, tramite una siringa, viene iniettato nel

acidotrifluoracetico

loop ( ) dove la fase mobile porterà la soluzione alla colonna.

tubicino di inezione

In laboratorio, per purificare la soluzione di peptidi, viene utilizzato un tipo di

HPLC che sfrutta la cromatografia a fase inversa:

la fase stazionaria è apolare ( ) e viene impaccata in colonne di

C18

(CH2)17CH3

circa 30cm invece la fase mobile è composta da due solventi: Acqua+TFA e

Acetonitrile.

Il principio di separazione dei vari peptidi si basa sulla loro

affinità con la “colonna”: più il peptide è affine alla fase

stazionaria rispetto alla fase mobile ( )

dunque poco polare

maggiore sarà il tempo che impiegerà per percorrerla, rispetto

ad un peptide con bassa affinità per questa ed alta per la fase

mobile( ); durante il processo cromatografico

quindi molto polare

viene creato un gradiente di concentrazione della fase mobile

che permette di iniziare il processo con un solvente più polare

( ) per finire con uno meno polare ( ), così

acqua+ acetonitrile

TFA

da ottenere una forza eluente maggiore necessaria per eluire i

peptidi poco polari fortemente legati alla fase stazionaria.

All’uscita della colonna si ha un rivelatore UV a serie di diodi che, sfruttando

una batteria di diodi, effettua la

lettura su tutto il campo delle

lunghezze d’onda. I picchi che si

ottengono corrispondono all’uscita

di una sostanza dalla colonna, maggiore sarà l’intensità del picco, maggiore

sarà la possibilità che la sostanza in uscita sia il peptide desiderato. 10

La seconda tappa del ciclo di purificazione è lo spettometro di massa

MALDI/ TOF ( ).

Matrix Assisted Laser Desorption and Ionization/Time Of Flight

Lo spettrometro di massa è uno strumento che indaga sulla struttura delle

molecole organiche e biologiche permettendo di determinarne:

il loro peso molecolare;

I. la loro struttura molecolare;

II. la loro concentrazione in miscele molto complesse.

III.

L’analisi avviene ponendo una goccia della frazione raccolta su di un target

in acciaio assieme ad una goccia di una matrice ( ), che permette la

DHB/HCCA

cristallizazione, facilitandone quindi la ionizzazione.

Il target viene posto nella sorgente dove il campione verrà bombardato

attraverso un raggio laser UV ( ) che permettono il distacco dei vari

337nm

peptidi presenti nella frazione, facendogli quindi assumere una carica netta.

I vari peptidi ionizzati che si staccano dal target percorrono una camera ad

alto vuoto ( ), fino a raggiungere il detector, con tempi diversi in base

-6

10 Torr

alla loro massa molecolare in rapporto alla loro carica ( ).

m/z

Maggiore sarà il peso molecolare del peptide, maggiore sarà il tempo

impiegato da questo per

percorrere la distanza fra la

sorgente e il detector. Si ottiene

così uno spettro che permette di

osservare i vari pesi molecolari

dei peptidi presenti nella

frazione e inditicativamente la

loro concentrazione.

Conoscendo il peso molecolare del peptide desiderato è quindi possibile

dedurre quale sia la frazione in cui questo è presente in maggiore quatità e

quindi determinare il momento esatto in cui raccogliere la frazione uscente

dall’HPLC, in modo da ottenere la quantità maggiore di prodotto puro.

L’analisi del campione può essere svolta anche con concentrazioni molto

piccole di analita permettendo così di rintracciare tracce ( ) di

fino a picogrammi

questo in una matrice molto complessa come può essere un tessuto celebrale. 11

Dopo aver raccolto più frazioni possibili nel momento ideale, determinato

dopo aver letto lo spettro dello spettrometro di massa, si ottiene una

soluzione con una grande quantità di solvente ( ) rispetto

acqua+TFA/Acetonitrile

alla quantità di peptide presente; per questo motivo è necessario che la

frazione venga liofilizzata.

La soluzione viene distribuita in aliquote da 1ml e poi portate a -80°C per

favorirne il processo di liofilizzazione.

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