Traduzione tratta dal sito lastampa.it
PROVA QUI LA PROVA DELLA VERSIONE GRECO DEL 2018
Non dobbiamo assolutamente svilire nè disprezzare la nostra natura, come se non avesse nulla di solido, di stabile, nulla che non sia soggeto al caso; al contrario, dobbiamo essere consapevoli che ben piccola parte dell'uomo è destinata alla corruzione e alla morte, ed è quella per cui l'uomo è legato al caso, quella parte in cui si ritrovano i beni più grandi - opinioni fondate, conoscenze, discorsi finalizzati alla virtù - che sono dotati di natura inalienabile e incorruttibile; dobbiamo perciò essere imperturbabili e fiduciosi di fronte al futuro, e pronunciare, rivolti alla sorte, le parole che Socrate rivolgeva apparentemente ai suoi accusatori, in realtà ai suoi giudici: che Anito e Meleto potevano sì ucciderlo, ma non fargli male.
E' vero che la sorte può colpirci con una malattia, privarci dei nostri averi, denigrarci di fronte al popolo o a un tiranno; ma essa non può rendere spregevole, vile, meschino, ignobile, invidio l'uomo ignobile, coraggioso e magnanimo; nè può privarlo della sua naturale disposizione, la sua presenza costante è un vantaggio maggiore, di fronte alla vita, che quella di un timoniere, di fronte.
Traduzione della versione di Plutarco a cura della professoressa Marina Girotto Bevilacqua Liceo "V.Gioberti" Torino
Qualche difficoltà si riscontra nell'area relativa alle righe 4-6, e nel nesso relativo (righe 13-14), la cui soluzione richiede una certa abilità. Dal punto di vista del lessico, il brano è caratterizzato da una serie di opposizioni, evidenti soprattutto nella ricca aggettivazione: grande e piccolo, alto e basso, duraturo e caduco, bene e male. Nell'uomo la parte razionale - vera e propria "facoltà-guida" nei sistemi filosofici antichi- deve sempre controllare la componente materiale e quella irrazionale, soggette all'arbitrio del caso.
Di qui, "l'exemplum" tratto da "L'Apologia di Socrate", dove la morte è considerata un incidente dovuto al capriccio della sorte o degli uomini, ma non un vero male, in quanto non tocca il valore del sapiente. Di qui, la metafora conclusiva - molto antica e piuttosto scontata - della vita come un viaggio pericoloso in mezzo al mare, dove l'unica guida sicura è la ragione.