2' di lettura 2' di lettura

An turpe arbitraris formam suam spectaculo assiduo explorare? An non Socrates philosophus ultro etiam suasisse fertur discipulis suis, crebro ut semet in speculo contemplarentur, ut qui eorum foret pulchritudine sibi complacitus impendio procuraret, ne dignitatem corporis malis moribus dedecoraret, qui vero minus se commendabilem forma putaret sedulo operam daret, ut virtutis laude turpitudinem tegeret? Adeo vir omnium sapientissimus speculo etiam ad disciplinam morum utebatur.

Demosthenen vero, primarium dicendi artificem, quis est qui non sciat semper ante speculum quasi ante magistrum causas meditatum: ita ille summus orator cum a Platone philosopho facundiam hausisset, ab Eubulide dialectico argumentationes edidicisset, novissimam pronuntiandi congruentiam ab speculo petivit.

Ritieni forse una vergogna esaminare la propria figura contemplandola continuamente? Non si dice che proprio Socrate – un filosofo – consigliasse ai suoi discepoli di osservarsi spesso allo specchio? Chi di loro si fosse compiaciuto della propria bellezza s’impegnava così a non disonorare la dignità del corpo con costumi indegni, chi invece si riconosceva un aspetto meno piacevole si adoperava per far dimenticare la bruttezza rendendosi noto per le qualità morali. In tal modo quell’uomo, il più sapiente di tutti, si serviva dello specchio per la disciplina morale. E chi ignora che Demostene, principe della disciplina del dire, preparava le sue cause davanti allo specchio come davanti a un maestro? Fu così che quel sommo oratore, dopo aver attinto l’eloquenza dal filosofo Platone e imparato l’arte dell’argomentare dal dialettico Eubulide, completò la sua preparazione cercando nello specchio la compostezza nel declamare. [trad. C. Viareggi]