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Traccia Maturità 2013. Ambito socio-economico.Tipologia B. Stato, mercato e democrazia. Pag. 1
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Sintesi
Ecco la traccia lo svolgimento del saggio di ambito socio-economico assegnato alla prima prova dell'esame di Stato del 2013.

Traccia:
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Soluzione:

Si è parecchio discusso, soprattutto in tempi recenti, del rapporto fondamentale frapposto tra politica ed economia, due entità apparentemente distinte e nettamente separate, ma che nel corso nel tempo si è cercato di far coesistere, o quantomeno far sì che si creasse un equilibrio tra loro. In tanti hanno dato un contributo su questo dibattito e netto è il divario fra teorie, idee e soluzioni e gli effetti sortiti da questo infinito binomio. Fra questi "tanti" possiamo citare l'economista Raghuram, che nella sua opera "Terremoti finanziari" concentra l'attenzione sulle cause che hanno portato allo scoppio della crisi finanziaria, suggerendo come questa sia stata generata da una serie di "faglie" la cui azione, mediante un effetto domino e strettamente correlate tra loro, ha inevitabilmente dato il via al crollo monetario. Gli squilibri ci sono eccome, in particolare tra i due oggetti d'analisi di Raghuram: governo e mercato. Tra questi vi è stato (e vi è) un forte squilibrio, contro cui si è sempre cercato di porre una distinzione per ciò che riguarda i vari di campi di intervento e le relative funzioni di entrambi. Tali tentativi si sono dimostrati però vani poiché tra governo e mercato persiste una frivola interconnessione. L'autore è riuscito a intuire quali cause hanno portato alla crisi in quanto ha concentrato l'attenzione su problemi che strutturano il sistema capitalistico e che devono essere risolti per evitare un'ulteriore aggravarsi della crisi. Il vero problema, secondo Raghuram, è stato l'aver mosso la scena attraverso l'attuazione di scelte individuali all'interno di un sistema fondamentalmente illogico. La crisi viene rappresentata come prodotto di quelle insicurezza, tramutatesi in errori grossolani, per ciò che riguarda la determinazione dei rischi del settore finanziario. Il dito viene puntato contro lo Stato che ha impedito l'azione regolamentativa da parte del mercato; l'economia non dev'essere separata dalla politica. Un intervento in questo ambito è stato elaborato da Paul Krugman che in "Fuori da questa crisi, adesso!" riesume le discolpanti ingiustificate pronunciate dagli inattivisti, propensi a concentrare l'attezione più sul lungo termine che non sul breve termine, forse per disinteresse, forse per incapacità nel gestire la situazione. Questa (in)azione si traduce in un disinteresse di quei problemi che stanno letteralmente uccidendo la società, e assieme ad essi, anche quelli a breve termine intaccano quelli a lungo termine. I problemi purtroppo sono evidenti, e si rischia di attraversare una fase di transizione che separa il crollo parziale, già realizzatosi, e il crollo totale. P.Krugman pronuncia e descrive la cause che stanno divorando la società: disoccupazione, drastica riduzione degli investimenti e il ridicolo affronto della crisi economica. L'eccessivo aumento della disoccupazione (soprattutto giovanile) porta inevitabilmente a un effetto domino in cui interi settori ne risentono. Alla disoccupazione segue l'assenza di un reddito che possa quantomeno garantire l'autosufficienza alle persone, dal quale a sua volta segue il mancato potere d'acquisto; ciò si traduce in termini di "calo degli investimenti". Tantissimi giovani, tra cui molti neolaureati, si vedono costretti a espatriare in cerca di un'occupazione all'estero oppure assumere incarico che parecchio si distacca da quello che è stato il percorso scolastico intrapreso prima di quello lavorativo. Se a questi fattori aggiungiamo anche la totale incapacità di affrontare un problema come la crisi economica, il futuro della società è totalmente messo a repentaglio, le garanzie vengono a mancare e non è assolutamente da scartare l'ipotesi di un conflitto globale. Importante contributo a questo tema l'ha dato anche Luigi Zingales, che in una parte del suo "Manifesto capitalista" descrive il popolo americano indignato in quanto non si è riusciti a gestire una politica capitalista in crisi, la quale nient'altro fa che tagliare posti di lavoro, salari, occupazione e supportare le grandi imprese e, soprattutto, le banche contro cui gli americani puntano il dito contro. In tal modo viene demolito quel principio che recita "governo del popolo, dal popolo e per il popolo". Sul caso americano, differentemente da altri paesi, l'autore pare ottimista poiché riesuma la tradizione americana affermando che essa, nel corso della storia economica, politica e sociale, è stata al servizio di coloro che economicamente si trovano in gradini più bassi, cercando di contrastare l'enorme potere di chi sta sul podio. A tal proposito Krugman riesuma le famose "leggi antitrust", nate dalle menti anglo-americane e finalizzate a promuovere la concorrenza nei mercati. Ed è questo il punto di partenza che dev'essere considerato per poter attuare ulteriori provvedimenti volti ad instaurare un equilibrio maggiore tra forti e deboli. Riesumando il libro "Il film della crisi. La mutazione del capitalismo", Mario Pirani, espone gli eventi che hanno caratterizzato le fasi di democrazia e capitalismo, partendo da un primo compromesso tra le due parti per poi arrivare a una loro totale spaccatura. A partire dai primi cinquant'anni del Novecento ha inizio un rapporto d'interazione tra democrazia e capitalismo, segnato dalle prime due fasi, "Età dei Torbidi" ed "Età dell'Oro", caratterizzata da una serie di intese tra le quali si possono citare il "Gatt" e l'accordo di Bretton Woods. Il primo mirato sostanzialmente a scardinare i limiti che impedivano la libera circolazione delle merci e a un attento controllo del movimento dei capitali. Il secondo invece accordo fu siglato tra i paesi maggiormenti industrializzati a livello mondiale al fine di stabilire le norme da rispettare per quanto concerneva le relazioni commerciali e finanziarie. Nel momento in cui fu consentita la libera circolazione dei capitali all'Età dell'Oro segui una terza fase, quella dell'"Età del Capitalismo Finanziario", il quale ha siglato l'avvio di un processo in cui le maggiori istituzioni finanziarie (o imprenditori) detengono il potere economico. In un contesto in cui vige il fallimento è difficile presupporre quale sarà il futuro delle persone, in un contesto nel quale gli stati hanno dimostrato di entrare in crisi periodicamente. Se queste sono condizioni che in un futuro sempre si verificheranno (rimanendo nell'ottica democrazia-mercato), sorge una domanda: "Si riuscirà a trovare una soluzione definitiva al problema?"
Estratto del documento

Pag. 4/7 Sessione ordinaria 2013

Prima prova scritta

Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca

2. AMBITO SOCIO - ECONOMICO

ARGOMENTO: Stato, mercato e democrazia. DOCUMENTI

«Il problema centrale del capitalismo fondato sulla libera impresa in una democrazia moderna è sempre stato quello di

riuscire a bilanciare il ruolo del governo e quello del mercato. Ma, nonostante molta energia intellettuale sia stata spesa

nel tentativo di definire il campo di manovra appropriato a ciascuno di essi, l’interazione fra i due rimane una fonte di

fragilità fondamentale. In una democrazia il governo (o la banca centrale) non può semplicemente permettere che le

persone soffrano un danno collaterale per lasciare che la dura logica del mercato si esprima. […] Dobbiamo anche

riconoscere che una buona economia non può essere separata da una buona politica – e questa, forse, è la ragione per cui

un tempo la teoria economica era nota come economia politica. L’errore degli economisti è stato credere che, una volta

sviluppato un forte telaio di istituzioni all’interno di un Paese, le influenze politiche al suo interno si sarebbero stemperate

e il Paese si sarebbe emancipato per sempre da una condizione «in via di sviluppo». Ma dovremmo ora ammettere che

istituzioni quali i regolamentatori hanno influenza soltanto finché la politica è ragionevolmente ben bilanciata.»

Raghuram G. R , Terremoti finanziari, Einaudi, Torino 2012

AJAN

«Tra tutte le scuse che sentiamo accampare per giustificare il mancato tentativo di mettere fine a questa depressione, c’è

il ritornello che viene ripetuto costantemente dagli apologeti dell’inazione: “Dobbiamo focalizzarci sul lungo termine, e

non sul breve”. [...] Concentrarsi unicamente sul lungo termine significa ignorare l’enorme sofferenza che sta causando

l’attuale depressione, le vite che sta distruggendo irreparabilmente mentre leggete questo libro. I nostri problemi di breve

periodo – sempre che una depressione giunta al quinto anno rientri in questa definizione – stanno intaccando anche le

prospettive di lungo termine, su diversi canali. [...] Il primo è l’effetto corrosivo della disoccupazione di lungo termine: se

i lavoratori che hanno perso il posto da tempo si considerano inoccupabili, si determina una riduzione di lungo termine

nella forza lavoro del paese, e quindi nella sua capacità produttiva. La situazione dei neolaureati costretti ad accettare dei

lavori in cui non sono necessarie le loro competenze è abbastanza simile: con il passare del tempo potrebbero ritrovarsi,

quantomeno agli occhi dei potenziali datori di lavoro, declassati a lavoratori generici, e il loro stock di competenze

andrebbe definitivamente perduto. Il secondo è il calo degli investimenti. Le imprese non spendono grosse somme per

accrescere la propria capacità produttiva […]. […] Ultimo problema, ma non certo per importanza: la (pessima) gestione

della crisi economica ha mandato in fumo i programmi finalizzati a garantire il futuro.»

Paul K , Fuori da questa crisi, adesso!, Garzanti, Milano 2012

RUGMAN

«Gli americani sono arrabbiati. Sono arrabbiati con i banchieri che hanno contribuito alla crisi finanziaria, senza pagarne

le conseguenze. Sono arrabbiati per l’incapacità del sistema politico che ha incolpato i banchieri, ma non è stato in grado

di tenerli sotto controllo. Sono arrabbiati con un sistema economico che arricchisce ulteriormente i ricchi e abbandona i

poveri al loro destino. Sono arrabbiati perché l’ideale di un “governo del popolo, dal popolo e per il popolo” sembra

sparito dalla faccia della Terra. […] Fortunatamente gli Stati Uniti possiedono nel loro DNA i geni per intraprendere una

riforma. Diversamente da molti altri Paesi, gli americani condividono una grande fiducia nel potere della concorrenza che

[…] genera enormi benefici. Per sostenere il sistema abbiamo bisogno di più, e non di meno, concorrenza. A differenza

di altri Paesi in cui il populismo è sinonimo di demagogia e di dittature autocratiche, l’America ha una positiva tradizione

populista volta a proteggere gli interessi dei più deboli nei confronti del potere opprimente delle grandi imprese. Non è un

caso che le leggi antitrust siano state inventate negli Stati Uniti.»

Luigi Z , Manifesto capitalista. Una rivoluzione liberale contro un’economia corrotta, Rizzoli, Milano 2012

INGALES

«Un libro fin troppo ricco di intelligenza e di provocazioni intellettuali, quello appena uscito di Giorgio Ruffolo col

contributo di Stefano Sylos Labini, Il film della crisi. La mutazione del capitalismo […]. […] La tesi centrale del libro

è che la crisi in cui sono immersi i Paesi occidentali nascerebbe dalla rottura di un compromesso storico tra

capitalismo e democrazia. La fase successiva a questa rottura – cioè quella attuale – può essere definita come l’Età del

Capitalismo Finanziario e costituisce la terza mutazione che il capitalismo ha attraversato dall’inizio del secolo

precedente. La prima fase è un’Età dei Torbidi, che si è verificata tra l’inizio del secolo e lo scoppio della seconda

guerra mondiale. La seconda fase è costituita dalla cosiddetta Età dell’Oro: un sistema di intese fra capitalismo e

democrazia fondato nell’immediato secondo dopoguerra su due accordi fondamentali, il Gatt (oggi Wto-World Trade

Organization) che riguardava la libera circolazione delle merci, cui faceva da contrappeso il controllo del movimento

dei capitali, che assicurava un largo spazio all’autonomia della politica economica. Il secondo accordo è appunto

quello di Bretton Woods, sul controllo dei cambi e le garanzie da movimenti incontrollati dei capitali, grazie

all’aggancio monetario al metallo giallo e automaticamente, di converso, al dollaro. Secondo i due saggisti, la terza

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