
Insieme al leader della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, Berlinguer si rese protagonista in una stagione politica alimentata da forti contrasti sociali, scaturiti dalla famosa rivoluzione del '68, ma anche dai numerosi attentati che imperversavano nel Paese.
E, a 100 anni dalla sua nascita, il leader PCI potrebbe essere tra le ipotetiche tracce di attualità nella prima prova della Maturità 2022. Andiamo quindi a scoprire chi era Enrico Berlinguer, e perché ancora oggi se ne parla.
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Enrico Berlinguer: la svolta epocale del Compromesso Storico
Enrico Berlinguer nasce a Sassari il 25 maggio 1922. La sua attività politica comincia molto presto: nel 1943. Nel 1948 poi, all'età di soli 26 anni, entra a far parte della direzione del partito. Da subito emersero le qualità di un personaggio che si teneva lontano dai clamori della politica, lavorando sotto traccia e arrivando a farsi apprezzare anche dalle voci più autorevoli del partito. Dopo aver scalato le gerarchie del PCI, nel 1972 Berlinguer ne divenne segretario nazionale.In un'epoca contrassegnata dalla Guerra Fredda, in cui il mondo era sostanzialmente diviso in due, e con l'Italia appartenente al blocco atlantico, è facile capire come il PCI non riscuotesse grandi consensi per via del suo legame con Mosca. In questo senso, il lavoro di Berlinguer a capo del partito fu rivoluzionario. Il segretario era fortemente convinto che solo una collaborazione tra le varie forze politiche potesse portare al benessere dell'Italia: da qui nacque una speciale intesa con l'allora segretario della DC Aldo Moro. Nel 1974, il PCI concluse le elezioni con un gradimento del 34%: il più alto risultato elettorale ottenuto dal Partito Comunista Italiano.
Si trattò di una svolta di proporzioni epocali: fino a quel momento era infatti la Democrazia Italiana a dettare le regole della politica italiana. Con il “Compromesso Storico” fortemente voluto sia da Berlinguer sia da Aldo Moro, il PCI entra per la prima volta a far parte dell'esecutivo, nel cosiddetto Governo di Solidarietà Nazionale del 1976. Ma c'era chi evidentemente remava contro questo spirito di unità. Il rapimento dell'Onorevole Aldo Moro, e il suo omicidio, posero di fatto il Compromesso Storico nel dimenticatoio: nessun altro avrebbe più cercato un tentativo di dialogo con il PCI.
Il cambio di rotta e lo strappo con Mosca: l'Eurocomunismo
Da quel momento in poi, Berlinguer si ritrovò di fatto isolato e in mezzo a due fuochi. Da una parte il Paese, che non aveva mai visto di buon occhio il PCI per via dell'influenza URSS, e dall'altra proprio Mosca che chiedeva un cambio di rotta al partito di Berlinguer. Fu allora che il segretario scelse lo “strappo” con il comunismo sovietico. In che modo? Con l'introduzione dell'”Eurocomunismo”. Si trattava di un progetto politico-ideologico che alla base decideva di spogliare il partito dei riferimenti marxisti-leninisti in favore di un approccio decisamente più “keynesiano”. Spiegato in modo semplice, potremmo parlare di un comunismo che si poneva a metà tra il leninismo e il socialismo democratico, ponendo particolare accento sul riformismo.Insomma, il capitalismo non era più il nemico numero uno per il PCI. Questo cambio di rotta rappresentò un punto di non ritorno per i più grandi Partiti Comunisti Europei, come anche quello francese e spagnolo, nell'ottica dei rapporti con Mosca. Tuttavia si trattò di una scelta obbligata, perché il fallimento del Compromesso Storico aveva nuovamente posto il PCI al di fuori della vita politica del Paese. Berlinguer, da sempre un comunista “atipico”, aveva intercettato i bisogni della classe media nata con il capitalismo ed era convinto della bontà del progetto. Un cammino iniziato, ma mai finito: l’11 giugno del 1984 a Padova, mentre conclude la campagna elettorale per le elezioni europee, Berlinguer viene colpito da un ictus. La sua morte sconvolse la scena politica, e ai suoi funerali parteciparono migliaia di persone.