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Giovenale, Giunio Decimo - Satire Pag. 1
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Sintesi

Giovenale



Satira 1



Sono versi programmatici che esprimono la sua poetica. È stanco di sentire la produzione degli altri che devono scontare questo contenuto vuoto. Carso, Telefo, Oreste, si scaglia contro la loro poesia epica e tragica che non esprime nessun contenuto interessante per il poeta. Per Giovenale la poesia deve parlare della realtà, non ci deve essere una ridondanza di parole. Vuole che nella letteratura si incontri la vita. Una realtà corrotta e condivide questo con Persio. Giovenale parla di questa realtà come "monstra", qualcosa di frode, mirabile, straordinariamente corrotto. Lo stile deve essere adeguato a esprimere questi "monstra", quindi forbito con citazioni letterarie.

Lavora sullo stile, lo stile aulico della tragedia affiancato da parole volgari, quotidiano, corrotto per mostrare il contrasto tra stile aulico e straordinaria corruzione. Lavora sullo stile che poi sintetizza portandoci frasi che ancora oggi utilizziamo. Le azioni degli uomini e paragona a marmi, plotoni e colonne crollano. Sono gli oggetti che vivono le cose, crollano, è l’elemento della s-personificazione. Ci sono anche poeti e personaggi a lui contemporanei che adesso non riconosciamo più. Aulico accompagnato dal quotidiano, parole forti, parolacce.

“Facit indignatio versum” vuole denunciare e l’origine della sua poesia è indignatio. Vedere la corruzione e aver voglia di denunciare. L’indignatio è una dimensione dell’arte retorica, ha bisogno dell’amplificazione. Usa tutto ciò che l’arte retorica gli dà. Parlare di contenuti esagerati nella corruzione. Non è il poeta che scrive, è l’indignatio che lo fa scrivere.
I "monstra" sono realtà esagerate, quindi l’amplificatio richiede di far vedere l’esagerazione di corruzione della realtà. L’indignatio deve essere suscitato in chi legge e quindi si racconta la corruzione.
Estratto del documento

GIOVENALE

Satira 1

Sono versi programmatici che esprimono la sua poetica. È stanco di sentire la

produzione degli altri che devono scontare questo contenuto vuoto. Carso, Telefo,

Oreste, si scaglia contro la loro poesia epica e tragica che non esprimono nessun

contenuto interessante per il poeta. Per Giovenale la poesia deve parlare della realtà,

non ci deve essere una ridondanza di parole. Vuole che nella letteratura si incontri la

vita. Una realtà corrotta e condivide questo con Persio. Giovenale parla di questa

realtà come monstra qualcosa di frode, mirabile, straordinariamente corrotto. Lo stile

deve essere adeguato a esprimere questi monstra quindi forbito con citazioni

letterarie. Lavora sullo stile, lo stile aulico della tragedia affiancato da parole volgari,

quotidiano, corrotto per mostrare il contrasto tra stile aulico e straordinaria corruzione.

Lavora sullo stile che poi sintetizza portandoci frasi che ancora oggi utilizziamo. Le

azioni degli uomini e paragona a marmi, plotoni e colonne crollano. Sono gli oggetti

che vivono le cose, crollano, è l’elemento della s-personificazione. Ci sono anche poeti

e personaggi a lui contemporanei che adesso non riconosciamo più. Aulico

accompagnato dal quotidiano, parole forti, parolacce.

“Facir indignatio versum” vuole denunciare e l’origine della sua poesia è

indignatio. Vedere la corruzione e aver voglia di denunciare. L’indignatio è una

dimensione dell’arte retorica, ha bisogno dell’amplificazione. Usa tutto ciò che l’arte

retorica gli dà. Parlare di contenuti esagerati nella corruzione. Non è il poeta che scrive

è l’indignatio che lo fa scrivere.

I monstra sono realtà esagerate quindi l’amplificatio richiede di far vedere

l’esagerazione di corruzione della realtà. L’indignatio deve essere suscitato in chi

legge e quindi si racconta la corruzione. Non è un documento storico quindi bisogna

usare cautela nel pensare che racconti il tempo di Giovenale. Non è una fotografia

della realtà ma Giovenale dice che parla di questa realtà confusa –farrago-. Esprime

anche la sua indignazione. C’erano le pubbliche letture dove leggeva anche l’autore.

Lui non ne può più di ascoltare quegli argomenti non ne possono più neanche le cose.

Lu riconosce come maestro Lucilio l’inventore del genere della satira. La satira di

Lucilio criticava il vizio ma dava un giudizio personale Giovenale invece non dà un

consiglio. Lo scopo di Lucilio era educare sorridendo, adesso c’è solo la dimensione

della corruzione e manca un insegnamento positivo. È talmente esagerato che il vizio

trionfa non dà la possibilità di miglioramento. Esprimere lo sconcerto e suscitarle nel

lettore. Una visione distorta (Persio e la funzione chirurgica). Si incontrano schiavi

liberati, patrizi arricchiti, tutti corrotti. Avvocati corrotti, chi va con le vecchie, tutti

sono disposti a fare carte false per avere soldi. Il tema è la corruzione che ha come

radice il denaro, unico obiettivo degli uomini, radice di tutti i vizi. In Petronio era più

hai più vali e così l’uomo dipende dalla sorte. In Giovenale l’uomo è disposto a tutto

per avere soldi. Questa idea si è radicata a Roma grazie a persone arrivate da fuori, i

greci. C’è dunque il desiderio di chiudere le frontiere perché i greci hanno portato la

corruzione, questa cultura orientale è arrivata senza che se ne accorgessero.

Indignatio diventa ira, è un’immagine concreta perché dice che brucia il fegato. Tema

del cliente: non ci sono più i patroni guidati da buoni principi quindi per in “buono” è

difficile trovare un patrono non corrotto. Infatti Giovenale non ha mai trovato un

patrono perché nessuno tutelava i poeti per bene. I soldi sono l’unica cosa da ottenere.

“Ritratti di donne: la letterata saccente e la donna che si fa bella” descrive le

donne tutte connotate dal vizio. La donna colta è fastidiosa, esagera dicendo che

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