
Può darsi che la nostra mente non sia creata per ricordare gli insuccessi. Non sono uno psicologo, ma immagino che esista qualche meccanismo che tende a “nasconderli” lasciando spazio ai ricordi piacevoli e che ci danno maggiore sicurezza.
Se qualcuno ci chiede di descrivere una cosa che sappiamo fare bene, magari ci pensiamo un po’ su, ma dopo poco troviamo esempi che rendono giustizia alle nostre abilità. Se invece ci viene chiesto di raccontare quella volta in cui abbiamo fallito… ecco, la mente si annebbia, si scava nel passato con un senso di vuoto, proprio non affiora nessun aneddoto nitido e chiaro.Certo, ricordiamo le volte nelle quali qualcosa non è andato come previsto, ma in fondo non era tutta colpa nostra, gli altri non hanno fatto quello che dovevano, le circostanze erano difficili, mica era colpa mia! Quando cerchiamo di descrivere i nostri errori, i nostri limiti, i nostri insuccessi alziamo delle barriere che ci difendono e non siamo lucidi e reattivi. Ma è un peccato, un’occasione persa: se riuscissimo a rielaborare l’accaduto, potremmo individuare alcuni aspetti del nostro comportamento da migliorare e trovare indizi per lavorare su noi stessi e farci trovare più pronti quando capiteranno situazioni simili in futuro.
Ed è proprio questo aspetto che chi seleziona vuole indagare nei candidati che sta intervistando ed ai quali rivolge domande del tipo: “ricordi un tuo errore, o un tuo fallimento o quella volta in cui le cose non sono andate come volevi?”, oppure “quale è una tua debolezza”?
Perché mi viene fatta questa domanda?
Di fronte a queste domande, la prima cosa che pensiamo è che siano fatte per capire che cosa non sappiamo fare, per valutare se avremo problemi in un determinato contesto lavorativo. In realtà il vero fine è un altro: scoprire quanto sia matura in noi una rilevante soft skill: l’autocritica. Il vero interesse è misurare la nostra capacità di riflettere su noi stessi e di imparare dagli errori fatti. Per chi seleziona è fondamentale assumere persone che siano in grado di evolversi, adattarsi, mantenere alti livelli di motivazione. Domande sui fallimenti o le debolezze sono ottimi test per valutare la reazione delle persone di fronte a situazioni simili.
Come rispondere?
Fondamentale non fare scena muta. Come ho spiegato poco fa, di fronte a queste domande, la prima reazione è avere ricordi annebbiati e questo porta il rischio di cavarsela con un “non ne ricordo nessuno”. Prima risposta killer (nella tua vita tutto è andato bene e non hai mai sbagliato?!).
Seconda risposta killer: “Quella volta che ho sbagliato, ma alla fine non era colpa mia”. Oppure: “Un mio difetto è che sono troppo determinato” (e ti sembra un difetto?!).
Se vuoi dimostrare di saper fare autocritica devi farlo seriamente, senza ipocrisie. Descrivi una situazione nella quale hai sbagliato per davvero, senza incolpare altri ed evidenzia perché la ricordi ancora e soprattutto le cose che hai imparato e che cambieresti in futuro.
Consigli su come prepararsi
Per prepararsi a queste domande basta… prepararsi! Ricostruisci dentro di te una situazione credibile e facile da descrivere e da comprendere. Costruisci una descrizione rapida e sintetica dell’accaduto e soprattutto pensa bene a come trasmettere la lezione appresa e la tua capacità di fare autocritica.
Gregorio Moretti
Sono nato nel 1980, laureato in Teorie della Comunicazione, da oltre 20 anni mi occupo di persone nelle aziende