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Rachieru Petronela 4°E Filiera corta

La filiera corta è un particolare tipo di commercio che permette ai consumatori di acquistare generi

alimentari direttamente dai produttori; essa nasce dall'esigenza di dar vita a nuove forme di

scambio, incontro, cooperazione e si basa sul rapporto diretto fra chi produce e chi consuma. I

vantaggi per chi acquista prodotti lavorati con questo metodo sono molteplici: in primo luogo la

riduzione dei passaggi del sistema di distribuzione tradizionale quali confezionamento, imballaggio

e trasporto ( procedure che comportano inquinamento e sovrapprezzo), poi l'opportunità di un

confronto diretto con il produttore che riesce a vendere prodotti unici, che hanno come caratteristica

il trattamento esclusivamente biologico, infine il legame con il territorio, il rispetto dell'ambiente, la

sicurezza che il prodotto arrivi sulle tavole direttamente dai campi, il tutto a costi più che

ragionevoli. Vantaggi della Filiera Corta

Riduzione del consumo di energia, dell'inquinamento e del traffico.

 Possibilità di conoscere direttamente i produttori, i loro metodi di lavoro, la storia dei cibi

 che si portano in tavola.

Valorizzazione delle coltivazioni proprie di ogni territorio, protezione della biodiversità, dei

 gusti, delle ricette e delle tradizioni.

Rispetto della stagionalità e quindi della freschezza degli alimenti acquistati

 Prezzo finale al consumo trasparente e più economico per chi acquista, remunerazione più

 equa per chi produce.

A chi si rivolge la Filiera Corta

L'azione di filiera corta si rivolge a chiunque voglia promuovere (consapevolmente) questo

processo produttivo, nel rispetto dell'ambiente, di chi lo lavora e lo vive, quindi ad un cittadino

privato, piuttosto che ai ristoratori o ai commercianti.

Un italiano su due (52%) ha acquistato almeno una volta direttamente dal produttore agricolo, è

quanto emerge dal "Rapporto sugli acquisti dei prodotti alimentari direttamente dalle imprese

agricole", realizzato da Coldiretti-Agri 2000.

Il contadino, come modalità di distribuzione commerciale ha registrato la maggior crescita nel

2008, battendo negozi (-1,3%) ed ipermercati (+1,8%) grazie ad un incremento dell'8% del valore

delle vendite per un totale stimato di 2,7 miliardi di euro.

Dei circa 2,7 miliardi di euro ben il 42% viene speso per l'acquisto di vino in cantina, mentre il 23%

dall'ortofrutta, il 12% per i formaggi, il 7% per carni e salumi, il 6% per l'olio di oliva e il 5% per le

piante ornamentali.

Si tratta di un fenomeno in contro tendenza rispetto alla crisi generale perché concilia la necessità di

risparmiare con quella di garantire la sicurezza del cibo dopo i recenti allarmi alimentari, è l'analisi

di Coldiretti. Tra le motivazioni di acquisto spicca infatti la genuinità (63%), seguita dal gusto

(39%) e dal risparmio (28%). Esistono però enormi spazi di crescita, spiega Coldiretti, per quasi la

metà (44%) dei consumatori che non effettuano acquisti direttamente dai produttori, che non sanno

a chi rivolgersi o dove andare. La mensa a chilometri zero

Sulle colline di Bagno a Ripoli un incontro inedito:

coltivatori diretti, nutrizionisti, mense scolastiche,

Slow Food, istituzioni, associazioni di categoria. Tutti

riuniti per presentare i risultati della filiera corta che

da tempo è entrata con successo nella ristorazione

collettiva delle scuole e degli ospedali. La Cia ha

presentato allo Spedale del Bigallo, questo

particolarissimo modello di integrazione. La Siaf,

società mista pubblico-privato che fornisce i pasti alle

scuole di Bagno a Ripoli e alle strutture della Asl 10, e

i produttori agricoli locali affiliati alla Cia, lavorano insieme per portare ai bambini e ai degenti

prodotti di stagione, coltivati davvero secondo il modello di “chilometri zero” di cui tanto si parla.

Prodotti che devono “mantenere il sapore e l’odore”, come ha ricordato il professor Carlo

Cannella, nutrizionista, perché anche un cibo igienicamente perfetto può non avere alcun valore per

i nostri sensi, figuriamoci per quelli dei piccoli o per chi non sta bene.

È qui il punto di contatto con Slow Food, rappresentato in forze da Paolo

Gramigni per il nazionale e dalla presidente Toscana Giovanna Licheri. «La

filosofia del buono, pulito e giusto, alla base di Slow Food, può e deve incontrarsi

con la ristorazione collettiva – ha spiegato Gramigni – Siaf fa un lavoro raro,

perché è un soggetto pubblico-privato e perché i produttori locali possono

partecipare con un prodotto che ha un prezzo basso, ma non a scapito della

qualità, concorrenziale perché non ha costi di trasporto né intermediazione e il

produttore riceve un giusto compenso. Un lavoro che può essere fatto bene senza

violare le normative sulla concorrenza e gli appalti, facendo accordi-quadro

tramite le associazioni di categoria». La Siaf, insomma, si sta rivelando un buon

esempio di economia “glocal”, inserita in una

multinazionale (la Gemeaz) ma con

solidissime radici nel territorio. Il direttore Siaf,

Antonio Ciappi, sembra più uno chef che un

manager, sempre alla ricerca di ricette

tradizionali toscane, o a parlare con i

contadini per programmare le semine, o a far vedere

a genitori e bambini come si prepara uno

sformato di zucchine.

È stato da subito sostenitore entusiasta all’idea

di collaborare con l’orto scolastico Slow Food

di Grassina che da tre anni riproduce in scala ridotta

la filiera corta, anzi cortissima: i bambini

coltivano le verdure con nonni e insegnanti, le

portano in cucina, le cuoche le preparano e le

servono a tavola.

«La filiera corta ha un grande, grandissimo valore

educativo – aggiunge il sindaco di Bagno a Ripoli

Luciano Bartolini, affiancato dagli assessori

Calvelli e Dal Pino e dal direttore generale Ristori

– questo è il focus. Noi dobbiamo trasmettere a famiglie e bambini il senso del mangiare prodotti

del nostro territorio. E contiamo di allargare prestissimo alla ristorazione e ai mercati la

collaborazione con le aziende agricole. Anche le piccole e piccolissime avranno uno stimolo in più

per modernizzarsi, organizzarsi, associarsi e inserirsi nella filiera corta». Intanto, spiega ancora il

sindaco, stanno organizzando le domeniche di filiera corta, coinvolgendo anche i commercianti

del territorio. L’ultima proposta è davvero geniale: coinvolgere la Siaf nei Gas, i gruppi di acquisto

solidali. Comprare tramite loro direttamente dai produttori, non solo ortaggi ma anche pesce, carne,

pasta. E rendere accessibile ai cittadini questo “mercato”.

Soddisfatto anche Sandro Piccini, presidente provinciale Cia, perché grazie alla collaborazione con

Siaf «nel 2007 circa il 20% delle materie prime impiegate nella preparazione dei pasti erano di

provenzienza diretta del territorio, attivando un indubbio circolo virtuoso di cui beneficia una parte

importante del tessuto agricolo locale». Economia, educazione, gusto. E l’ambiente? È il punto di

partenza e d’arrivo. Non si contano i benefici che arrivano dalla filiera corta, e anche da

un’agricoltura rispettosa del territorio, di chi ci lavora e di chi mangerà quei prodotti. Come ha

ricordato Gramigni di Slow Food: pensiamo a che ambiente vogliamo lasciare a chi verrà dopo di

noi Iniziativa “filiera corta” e “Km 0”

Già dalla prima edizione della Festa del Gnocco nel 2005, una delle iniziative contenute nella

manifestazione era la mostra-mercato dei prodotti tipici, organizzata dalla Comunità Montana

Agno-Chiampo.

In questa mostra ogni coltivatore diretto poteva mettere in vendita i suoi prodotti agricoli senza

intermediazione creando un rapporto diretto produttore-consumatore.

Questo è il classico esempio di “filiera corta” che ha come vantaggi:

• Aumento del reddito del coltivatore perché vende i beni al dettaglio e non all’ingrosso e quindi è

un incentivo ad aumentare la superficie coltivata.

• Risparmio da parte dell’acquirente perché non paga l’intermediazione.

• Garanzia della provenienza dei prodotti e quindi della sua qualità e genuinità.

• Riscoperta dei sapori tipici e caserecci.

• Assenza o bassissima presenza di lavorazioni industriali per la trasformazione e l’imballaggio dei

prodotti.

A questi vantaggi si aggiungono quelli ambientali da un lato, visto che i beni sono prodotti e venduti

in loco senza dover essere trasporti consumando idrocarburi e inquinando l’atmosfera, in termini di

risparmio dall’altro, visto che così facendo le merci agricole non dipendono dal costo del trasporto e

quindi dal petrolio.

Nel Forum Internazionale dell’Energia organizzato dalla Coldiretti in collaborazione con lo studio

Ambrosetti, è emerso che a livello globale, un pasto percorra quasi 2000 Km prima di essere

consumato.

Con l’aumento incessante del prezzo del greggio e visto che in Italia l’86% del trasporto è su

gomma, la Coldiretti prevede per il 2008 una aumento di circa 467 € che le famiglie italiane

dovranno sostenere per l’alimentazione.

Questo anche perché sono cambiate le abitudini alimentari, e la gente ora compra frutta e verdura

fuori stagione aumentando così la dipendenza alimentare da paesi lontani da noi.

Più chilometri corrisponde a più petrolio e a più emissioni di CO2. Nella tabella sono riportati i

principali prodotti “consuma petrolio”.

TOP TEN DEI CIBI CHE SPRECANO ENERGIA ED INQUINANO

Emissioni CO2 Consumo Petrolio

Prodotti Provenienza Distanza (Km) (Kg) (Kg)

1 VINO AUSTRALIA 16015 29,3 9,4

2 PRUGNE CILE 11970 22,0 7,1

3 CARNE ARGENTINA 11180 20,8 6,7

4 MANGO PERU' 10865 20,2 6,5

5 ANGURIA PANAMA 9516 17,8 5,7

6 CARNE BRASILE 9175 17,2 5,5

7 AGLIO CINA 9161 17,2 5,5

8 UVA DA TAVOLA SUD AFRICA 8470 15,9 5,1

9 MELONE GUADALUPE 7750 14,5 4,7

10 RISO USA 6887 13,1 4,2

Nell’iniziativa “Km 0” si propone di acquistare alimenti di stagione e direttamente dagli agricoltori

che così facendo portano ogni famiglia, ad un risparmio medio della spesa alimentare del 30% e a

ridurre le emissioni in atmosfera fino a 1.000 chilogrammi/anno di CO2.

Inoltre, sempre grazie alla mobilitazione della Coldiretti nel 2008 è entrato in vigore il decreto

(Gazzetta Ufficiale n.301 del 29 dicembre 2007) che rende possibile in tutti i Comuni di avviare

mercati gestiti dagli agricoltori. Tali mercati possono essere localizzati anche in zone centrali e

avere una frequenza giornaliera, settimanale o mensile a seconda delle esigenze locali.

L’obbiettivo, sempre secondo la Coldiretti è di aprire almeno un “farmers market” in ogni città, in

modo che la gente possa avere la possibilità di consumare i prodotti della propria terra.

Cosa sono i menu a km zero

I “menu a km zero” sono menu composti da piatti preparati con alimenti prodotti sul territorio

provinciale o regionale. L’espressione “km zero”, ideata da Coldiretti, indica il fatto che devono

percorrere solo una breve distanza prima di giungere sulla tavola del locale.

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