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CANTO III - Cielo della Lun: Anime degli spiriti mancanti ai voti
Analisi
La circolarità del canto
Il canto si apre con l’immagine di Beatrice, resa attraverso la metafora del sole.
Il canto si chiuderà poi con la stessa sfolgorante immagine della donna, che abbaglia la vista dell’uomo.
Le anime scambiate per immagini riflesse
Poi dei volti affiorano alla vista di Dante, però tenui e sbiaditi. Questa realtà è resa attraverso due similitudini:
- specchiarsi nelle acque;
- perle sulla fronte.
L’evanescenza di quelle facce portano Dante a voltarsi all’improvviso in quanto crede che esse siano riflesse.
È questo il secondo errore, causato dalla mobilità dell’istinto.
La prima parte del colloquio con Piccarda
Confortato dalle parole di Beatrice, Dante si rivolge a una delle anime, a cui rivolge una captatio benevolentiae. Il dato biografico e psicologico si annulla parzialmente nella coralità felice delle anime.
Piccarda rivela la sua precedente condizione monacale, il proprio nome e collocazione.
Ribadisce il richiamo alla debole volontà dei beati del cielo della Luna, quindi il riferimento alla loro beatitudine
La seconda parte del colloquio con Piccarda
Viene sollevato un altro dubbio: se ai beati di quel cielo viene mai il desiderio di essere più vicini a Dio.
La risposta di Piccarda indica a Dante che se desiderassero un altro grado di beatitudine andrebbero contro la volontà di Dio. Quindi ciò non è possibile e tutti i beati sono appagati da questa volontà.
La terza parte del colloquio con Piccarda
Dante chiede ulteriori particolari sui motivi che impedirono a Piccarda di adempiere al voto di monaca.
Piccarda fuggì dal mondo per entrare nell’ordine delle Clarisse, dove si era rifugiata per fuggire dalle lusinghe peccaminose del mondo.
Viene poi rapita dal convento per sposare un uomo per motivi politici.