vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Confronto La sera D'Annunzio e Pascoli
La tematica della sera è protagonista di molte poesie della letteratura italiana e internazionale, in particolar modo nella letteratura tra il 1800 e il secolo XX.
La poesia italiana vanta di moltissime opere di tanti autori che si soffermano a descrivere le diverse emozioni, sensazioni o ricordi che la sera suscita in loro.
E’ il caso di un’opera di un noto poeta dell’800: Giovanni Pascoli che attraverso simbolismi, la sua tipica teoria del fanciullino e la predisposizione a prediligere la tematica della nature, scrive “La mia sera”
La poesia parla di una sera di “tacite stelle”, dopo un giorno “pieno di lampi”, dopo una “aspra bufera” che ha messo a dura prova la natura (“La parte, sì piccola, i nidi /nel giorno non l’ebbero intera.”). Torna uno dei classici temi pascoliani: il “nido”, quel nido che, come per le rondini della poesia, anche per l’autore è stato turbato da drammi famigliari. La sera si associa al concetto di “pace”, serenità che può essere ritrovata solo nel grembo materno e che si concretizza con le onomatopee finali e quell’insistente invito: “Dormi”, ripetuto come una nenia, “un canto di culla”. Tutto è sospeso, in bilico fra le “voci di tenebra azzurra” e il “nulla”.
Nello stesso periodo, ma di tutt’altra impronta stilistica e contenutistica, assume molta importanza per la sua singolarità dovuta alla musicalità della poesia “La sera fiesolana” del poeta Gabriele D’Annunzio, che risente dell’esperienza panica, elemento chiave dell’estate alcioniana del D'Annunzio. Con evidenti riferimenti alla forma poetica della lauda, di ascendenza francescana, la sera è celebrata nella sua epifania ricorrendo a preziose assonanze, rime interne e irregolari, sinestesie, allitterazioni (“il fruscio che fan le foglie”), figure iterative (“pel cinto che ti cinge”), altre preziosità. La forma si basa su strofe lunghe e alternanza di versi lunghi e brevi che creano un ritmo unico, sognante, innovativo rispetto alla metrica tradizionale. La poesia è attraversata da una sensualità evidente che culmina nell’ultima strofa in cui “il mistero sacro dei monti”, i “reami d’amor” alludono a “un divieto”, un segreto pulsare del mondo che si può appena sfiorare, intuire per essere vissuto nella sua pienezza.
La composizione di Pascoli è composta da cinque strofe di otto versi di cui sette novenari e l’ultimo senario, a rima alternata, con schema ABABCDCD. Vi sono alcuni versi non regolarmente rimati, che si concludono tutte con la parola “sera”, come se l’timo verso costituisse una sorta di ritornello. Invece La sera fiesolana è composta da tre strofe di quattordici versi endecasillabi, novenari, settenari e quinari, senza schema fisso, intervallate da riprese di tre versi, detti “laude” (un endecasillabo, un ipermetro e un quinario).