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Lezione 10 – 19.10.2012
Rito: è una modalità del fare. Un certo numero di persone che fanno qualcosa materialmente. È una pratica,
un’azione.
Mito: essenzialmente è un dire, una narrazione, un evento verbale che ha una struttura didattica.
Caratteristiche del rito:
- Le azioni rituali sono caratterizzate da azioni codificate e ripetitive. Vi è una forma manualistica, di
supporto, per spiegare come e quando vanno svolte queste azioni. Vi è una sorta di istruzione codificata a
livello culturale. È un insieme di azioni ripetitive che formano un’azione complessa (ad esempio la
benedizione). Anche dopo secoli devono svolgersi in quel modo, ovviamente non è mai identico, la
performance è sempre diversa. Le persone non sono robot. Le performance introducono micro-creazioni
variative involontarie. A volte il rito viene modificato appositamente. È importante però che abbia una
permanenza nel tempo, una continuità.
- Le azioni devono essere socialmente accettate. Il rito ha valore espressivo, comunicativo. Il rito è qualcosa
oltre al fare, dice qualcosa.
- Il rito connota il tempo e lo spazio. Connoto un tempo esterno conferendo una qualifica qualitativa ai giorni
rispetto al loro compito aritmetico (Esempio: il 25 dicembre è diventato Natale)
- Il rito trasforma. I riti di passaggio e di iniziazione hanno un’efficacia dal punto di vista emico, profondo. Vi è
una trasformazione profonda della persona.
Il mito è un dispositivo logico. Claude Lévi-Strauss con l’antropologia strutturalista. La narrazione è una
struttura concettuale che ha una ripetitività, determinate caratteristiche e che ha lo scopo di rendere
pensabile una certa realtà. Solitamente le realtà che necessitano di essere pensabili sono: la morte, da dove
viene la vita, perché esistono due sessi, il senso della maternità e della paternità… Non vi è un pensiero
teoretico. Ci si interroga su questi temi per via di un problema esistenziale. Non interessa di avere una teoria
filosofica, teoretica, ma voglio un senso partendo dal punto di vista affettivo.
Popolazione degli Zulu, Zululand, Sud Africa.
Antropologia implicita: vi è un sistema simbolico per concepire la morte attraverso la narrazione dei miti. La
divinità più importante del sistema di credenze degli Zulu è Unkulunkulu, ossia “vecchio” ripetuto, che
significa il supremo, il saggio. Il mito narra che un giorno si sveglia e chiama un camaleonte, dandogli il
compito di dire agli uomini “che non muoiano”. Il mito non spiega, ma un gruppo dice a una lucertola di
andare a dire “che gli uomini muoiano” da parte di Unkulunkulu. Il camaleonte arriva un mese dopo la
lucertola, ma ormai gli uomini avevano incominciato a morire.
Interpretazione: …
è una struttura concettuale che racconta l’evento La mortalità/immortalità è dovuta dalla casualità. Gli Zulu
credono che molte cose siano date dal caso.
Totem: James George Frazer formula la prima definizione di totem. Deriva dalla lingua Ojibwa, dei nativi
nord Americani. Otem= Noi, la comunità. “Si dice totem una classe di animali o una classe di vegetali o di
fenomeni atmosferici o di comportamenti nei confronti dei quali la comunità si sente particolarmente legata”.
La parola diventa poi uno strumento astratto, è una parola cross-cultural, non viene utilizzata nel suo senso
originale.
Tabu: Robert Marett
Tapu/Mana. Il tapu è una caratteristica di una cosa. Il mana è una caratteristica di una persona che ha a che
fare col tapu. Le cose che vanno evitate sono tabu.
Animismo: Tylor 1871 intende il grado 0 della religione. Le credenze animiste credono che vi sia soffio vitale
in qualsiasi cosa, che vista come animata, viene venerata spesso per la buona riuscita delle azioni
quotidiane per vivere. Questo culto dell’anima spontaneo viene considerato da Tylor alla base
dell’evoluzione del pensiero religioso che avrebbe condotto a pari passo con la civilizzazione, a religioni più
strutturate, con un essere creatore come figura centrale.
Sciamanismo: John Lubbock.
Utilizza la versione inglese della parola tungusa šaman. Lo sciamano è una persona in grado di modificare
l’attività elettrica del su cervello, della pressione arteriosa in seguito a ripetizioni di sillabe ecc che lo
pongono in uno stato straordinario di coscienza (trance), uno stato di pontefice tra la divinità e gli esseri
umani.
Feticismo: Ci sono popolazioni molto attratte da oggetti naturali modificati o costruiti da loro. Sono attratti da
feticci, costruiti appositamente per avere potere sulla realtà, un potere spirituale. Servono per le fatture (ciò
che viene fatto e ha subito effetto),
Operazione sbagliata: non si studiano l’animismo, lo sciamanismo ecc… in quanto non sono religioni ma
solamente classificazioni antropologiche di determinati comportamenti.
Lezione 11 – 20.10.2012 Bulian
Lezione 12 – 24.10.2012
Come si affronta il problema dei sistemi di credenze? Il credere è un’esperieneza potente. Parleremo
soprattutto delle credenze religiose.
Fino agli anni 40 l’antropologia ha utilizzato un modo di indagare il credere differente da quello
contemporaneo.
Tutto parte da una questione: “Perché ci è capitata questa disgrazia?” Visione dicotomica: da un lato ci
sono gli altri, caratterizzati per essere pre-moderni, primitivi, che producevano una serie di affermazioni su
ciò che credevano essere le cause a ciò che gli capitava orientandosi con il credere. Dall’altro lato ci siamo
noi, i moderni, civilizzati, rispetto agli altri costruiamo affermazioni su noi stessi tramite la conoscenza.
Con questo atteggiamento gli altri producono credenze che contengono falsità in diversa misura. Noi invece
produciamo conoscenze vere, siamo quelli che hanno prodotto una tecnica logica, di sperimentazione.
Credere Magia / Conoscere Scienza
Questo denota l’irrazionalità del credere, commette errori logici.
La spiegazione del credere è il peccato, l’ira degli esseri spirituali. Il perché del dolore è una domanda di
senso, non ha una spiegazione reale. Perché un essere umano come noi sviluppa certe credenze?
Impostazione oggettivista classica agli studi sui sistemi di credenza: viene basato lo studio sull’esame di
realtà.
L’antropologia ha sviluppato un’impostazione completamente diversa. Le prime idee degli anni 30 derivano
da Sir E. E. Evans-Pritchard, che fece ricerca sugli Asande, una popolazione del Sudan, sul confine col
Congo. Gli Asande sono convinti che molti di loro siano streghe o stregoni, ovvero che abbiano la capacità di
influire negativamente con degli strumenti mistici sulle vite delle altre persone, perché dotati di una sostanza
organica ereditaria chiamata mangu. Avvengono quindi tre consultazioni oracolari, che consentono di sapere
se la disgrazia avvenuta è causata da mangu e da parte di chi. Talvolta questo è involontario (in un accesso
d’ira per esempio). La consultazione oracolare più studiata è quella del benge, un veleno. Mettiamo che un
Asande sospetti di adulterio. È evidentemente colpa del mangu, così si reca da quello che è deputato a
compiere i riti. Gli viene formulato il problema ed egli fissa una regola per rivolgersi all’oracolo. Il benge viene
somministrato a un pulcino. Per convenzione si fissa la formulazione di una domanda a risposta binaria
sì/no. Se il pollo muore vi è una conclusione, altrimenti, l’opposta. Quando la risposta è positiva si fa un’altra
domanda: si chiede all’oracolo se ha detto la verità, e poi si continua così, a fare altre domande. L’oracolo
viene consultato per i più svariati avvenimenti.
- Evans-Pritchard nota che il meccanismo è sballato da circostanze contingenti. Vi sono molti tabu sottili,
facilmente violabili, che vengono controllati solo in caso di contraddizione logica, mentre quando non
sorgono problemi, non viene verificata l’integrità del tabu.
I nativi non colgono le contraddizioni del loro sistema di credenze, mentre noi sì, e le spiegazioni che danno
non sono logiche.
- L’altra contraddizione che nota l’antropologo è che essendo tutti imparentati in un modo o nell’altro,
dovrebbero o essere tutti stregoni o non esserlo nessuno, visto che il mangu è ereditario.
Il male viene spiegato ricorrendo al concetto di mangu.
I primitivi non ignorano i nessi causali tra le cose empiriche, che vi sono due binari dovuti a una serie di
eventi causali che ad un certo punto si incontrano. Tuttavia per loro la causa di una disgrazia è un’altra
disgrazia.
Vi sono due teorie della causalità:
1^causalità: empirica. I primitivi capiscono e sanno che vi è un nesso casuale tra le cose, ma non gli
importa, è talmente banale e scontato. (Esempio: capiscono che le termiti hanno pian piano distrutto il
granaio che ad un certo punto è crollato in testa a un tizio che vi si trovava sotto proprio in quel momento)
2^casualità. Vi sono due corsi di eventi, ma perché si sovrappongono? Si riferiscono alla sorte personale,
vogliono capire perché alle 7.05 di quel giorno, in quel luogo, succede proprio a quella persona quel
determinato evento. Non è una cosa deterministica, è stocastica, non può essere ricostruito scientificamente
il perché avvengono certe cose.
È la sorte personale che mi fa stare male. Gli Azande non trattano le loro credenze in generale, come nuclei
teoretici ma come nuclei etici. I loro sono tentativi culturali di rispondere al perché del male.
L’antropologo fa un esame della realtà. Gli Azande rispondono in un altro modo.
Noi rispondiamo col “caso”, non vi è scienza. Si tende a dare senso al male che proviamo, perché il male
senza senso è troppo doloroso.
Per gli Azande non è importante l’esame di realtà, perché non risolverebbe nulla sul piano affettivo. Il corso
degli eventi viene inserito in un piano simbolico.
I costrutti culturali rendono meno duro il male ma non possono essere indagati oggettivamente, visto che si
trovano su due piani completamente differenti. Impostazione ermeneutica: interpretazione che vede
diversi libelli di causalità.
Lezione 13 – 26.10.2012
La società è una mia rappresentazione mentale delle relazioni sociali, è una formalizzazione e una
descrizione dei rapporti umani.
Forme delle relazioni sociali vi sono regole, interazioni, integrazioni.
Le persone interagiscono fra loro in modo regolare, con azioni coerenti e armoniche.
1) Una regola sociale