Marcello G.
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L’emergenza freddo continua a tenere sotto scacco le scuole italiane. Ormai non è più una notizia ma proprio per questo la cosa sta diventando quasi paradossale. Le classi sono freddissime, gli studenti battono i denti ma i termosifoni non ne vogliono proprio sapere di funzionare.

I più fortunati sono stati addirittura autorizzati a rimanere a casa, ma sono pochi. Gli altri se ne sono dovuti fare una ragione organizzandosi con cappotti, coperte e stufe; ma qualcuno ha preferito l’assenza al gelo. Sinora, però, molti si sono concentrati sulle polemiche a distanza tra istituzioni, sindacati e scuole. Ma la voce dei ragazzi, i diretti interessati, è stata quasi sempre messa in secondo piano. Per questo ci sembra giusto riportare una lettera aperta giunta alla nostra redazione: a mandarcela una studentessa di un istituto di Roma. Parole che spiegano alla perfezione la situazione in cui sono costretti a vivere quotidianamente moltissimi ragazzi.

Emergenza freddo, la lettera aperta della studentessa

“Martedì 10 gennaio 2017, secondo giorno di scuola al freddo e al gelo per gli studenti di un istituto di Roma, tra disagio e incredulità. Il numero degli alunni presenti oggi nelle classi è stato esiguo, in quanto la difficile giornata di ieri ha indotto tanti di noi a rimanere a casa. Nel nostro edificio scolastico è ormai sceso il gelo, che ci ha accolto come un crudele padrone di casa al rientro dalle vacanze natalizie.

È stato un malfunzionamento dell'impianto di riscaldamento a convertire la scuola in una landa desolata, sferzata dalla tempesta balcanica. Più grave però è stata l’incuria della Provincia, che non si è preoccupata di controllare gli impianti prima della riapertura del nostro istituto. Oggi solo pochi studenti pieni di speranza e di coraggio hanno varcato la soglia della ghiacciaia per fare lezione. Di certo non si aspettavano di trovare le stesse condizioni climatiche del giorno precedente. Colti ancora di sorpresa, si sono dati alla ricerca disperata di qualche termosifone funzionante, come i sette alunni della classe IV-B che hanno affrontato le prime due ore riuniti a semicerchio davanti al tiepido calorifero di un laboratorio del piano terra. Per riscaldare l’atmosfera hanno parlato di Bauman e della “società liquida”, dove è così necessaria la bussola della formazione.

La giornata di oggi è stata lo specchio di quella di ieri: le prime due ore di lezione, durante le quali la dirigenza ha raccolto dati e informazioni per comprendere la situazione e pensare ad una soluzione; dalla terza ora sciopero bianco degli studenti che si sono riversati al piano terra, aspettando il da farsi. A differenza di quanto accaduto lunedì, con l’uscita anticipata alle 12.30, oggi gli alunni hanno dovuto sopportare di essere abbandonati al freddo fino al suono dell'ultima campanella, ma per la salute di tutti la scuola rimarrà chiusa mercoledì (ieri, ndr).

Ci chiediamo: ma è questa la “buona scuola”? Quella della riforma prevista dalla Legge 107, così tanto esaltata e sbandierata per i cospicui finanziamenti destinati all’edilizia scolastica e alla manutenzione degli edifici fatiscenti? Ci dispiace ammetterlo: da noi non è così, perché nel nostro edificio regnano l’incuria e il degrado dell’abbandono che, come in questo caso, strappano ore utili di lezione agli alunni. La riforma della "buona scuola" è naufragata con l'inverno polare che ha prepotentemente invaso le mura scolastiche. In realtà, l’unica buona scuola che conosciamo è quella che continua a funzionare grazie alla buona volontà di coloro che (studenti, docenti, dirigenti, personale ata), nonostante le difficoltà sostanziali del sistema scolastico italiano, continuano a credere al valore insostituibile che l’istruzione riveste nella società democratica”.

Martina

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