Serena Rosticci
di Serena Rosticci
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foto di giornata internazionale contro l'omofobia, intervista a Teresa Manes e Maura Manca per capire i segnali che manda una vittima di bullismo omofobo

Se sei gay la vita non è semplice, se sei pure adolescente ancora meno. Secondo una ricerca recente di Skuola.net, 1 ragazzo su 3 racconta di aver assistito a casi di omofobia tra le mura scolastiche. Di questi, il 16% accusa di questi comportamenti i suoi stessi professori. E le poche volte in cui discutono di omosessualità con loro (solo la metà del campione si è confrontato almeno una volta con i suoi insegnanti), non è raro che i ragazzi ne sentano parlare come di una malattia. Lo dichiara il 14% di circa 4mila studenti di scuole medie e superiori intervistati dal portale. Nella maggior parte dei casi le vittime di bullismo omofobo vengono lasciate a loro stesse: nessuno interviene in loro difesa in caso di violenza e discriminazione. In occasione della giornata internazionale contro l’omofobia, Skuola.net ha chiesto a Teresa Manes, mamma di Andrea Spezzacatena, il ragazzo con i “pantaloni rosa” che si è tolto la vita in seguito a continui atti di bullismo, e a Maura Manca, psicoterapeuta e direttore responsabile del portale AdoleScienza Magazine, cosa fare e quali sono i segnali d’allarme che aiutano a capire se abbiamo accanto a noi una vittima di bullismo omofobo. Inoltre il portale ha realizzato un video in cui ha chiesto a ragazzi e insegnanti che esperienze hanno avuto con il bullismo e come si dovrebbe combattere il fenomeno.

#10 Depressione o finto compiacimento
Sono due facce della stessa medaglia, due reazioni diverse di fronte allo stesso disagio. Il bullismo omofobo ha diverse sfaccettature come spiega Teresa Manes: “Se da una parte c'è la vittima che vive il suo stato depressivo in condizioni di isolamento dal gruppo, dall'altra c’è quella che, pur di assecondare lo stesso bisogno di appartenenza al gruppo, subisce le angherie a cui viene sottoposta addirittura ridendo di sé stessa”.

#9 Rabbia e voglia di non andare a scuola
Un modo per capire se abbiamo accanto qualcuno che soffre per via delle continue prese in giro dei suoi compagni di scuola c’è: “I segnali più rilevanti sono legati ai cambiamenti di abitudini e comportamenti – conferma Maura Manca - Le vittime di bullismo non provano più piacere in quello che facevano prima, si isolano di più, cercano di saltare la scuola quando possono, si legano solo a una persona, spesso del sesso opposto, si chiudono dal punto di vista emotivo. Possono manifestare anche più rabbia e nervosismo rispondendo peggio del solito, sono irrequieti, hanno difficoltà di concentrazione e sembrano più oppositivi”.

#8 Mal di testa e inappetenza
I segnali comportamentali non sono gli unici da prendere in considerazione, spiega ancora la Manca: “I ragazzi esprimono il loro disagio utilizzando anche il corpo, come spesso accade quando somatizzano ciò che subiscono. Attenzione alle malattie frequenti come mal di testa, mal di pancia, inappetenza e rifiuto per il cibo, all’insonnia e agli incubi”.

#7 Autolesionismo e mortificazione
E poi attenzione pure ai segnali esterni, quelli che compaiono sul corpo delle vittime. “Andrea si allenava in maniera estenuante – svela la Manes a Skuola.net – ero convinta che fosse per la sua mania di perfezionismo. Solo dopo la sua morte ho appreso dalle sue chat che era solo un altro modo per mortificare il suo corpo. Il primo era procurarsi delle ferite tagliandosi”.

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#6 Richieste di aiuto non esplicite
Occorre non sottovalutare lo stato di disagio vissuto dal ragazzo e attivarsi subito per un confronto diretto non solo con lui – continua la Manes - ma anche con tutti coloro che compongono la sua rete di relazioni scolastiche, amicali e parentali. Meglio attivarsi anche per un supporto specialistico adeguato che ci aiuti nel sentirci meno soli ad affrontare una situazione del genere”.

#5 Bisogno di essere compreso e incoraggiato
E quando poi si colgono queste richieste di aiuto “non bisogna avere un tono inquisitorio, ma accogliente, far parlare i ragazzi, capire il loro punto di vista, che cosa succede realmente senza rigirare il dito nella piaga del ‘perché non lo hai detto prima’ – spiega il direttore di AdoleScienza - È importante non avere reazioni esagerate davanti alla vittima di bullismo, per lei sarebbe solo un ulteriore stress emotivo”.

#4 Paura delle conseguenze
Il bullismo lascia delle ferite difficili da rimarginare che possono condurre anche a scelte sbagliate: “In questa fase della loro vita i ragazzi vanno incontro a numerosi cambiamenti da un punto di vista fisico ed emotivo, si trovano in preda agli ormoni, agli sbalzi d’umore – spiega ancora la Manca - ad affrontare una separazione dai modelli familiari per potersi individuare come persona autonoma. Se durante questa fase ci sono elementi esterni che possono portare a una chiusura, si va a ledere nel profondo la persona che non sarà libera di scegliere con serenità il suo orientamento sessuale rischiando di fare delle scelte sbagliate”.

#3 Sfiducia negli adulti
Tra gli adolescenti c'è il convincimento di essere grandi a sufficienza per cavarsela da soli, ma non è così – spiega Teresa Manes - Devono imparare ad avere fiducia nell'adulto. È difficile fare il genitore di un adolescente in crisi, anche noi non siamo formati a sufficienza. Per questo insisto sulla necessità che le famiglie partecipino alle campagne preventive di informazione e formazione che si svolgono nelle scuole”.

#2 Paura di deludere
I genitori in particolare. E allora le vittime di bullismo si chiudono in loro stesse, in un mutismo preoccupante. Hanno “paura delle reazioni genitoriali, di non essere accolti, capiti e addirittura accettati – dice Maura Manca - Altre volte non vogliono far soffrire i genitori generando un problema. Spesso, d’altronde, i genitori minimizzano e sottovalutano la gravità di ciò che accade. Si convincono che si tratti di ‘ragazzate’ e non capiscono che in questa fascia di età i ragazzi stanno capendo chi sono e vivono una condizione di grande vulnerabilità che può avere degli esiti tragici come il suicidio”.

#1 Non sapere cosa fare
E se nessuno capisce quello che i ragazzi stanno passando, loro non parlano anche perché non sanno con chi farlo, né cosa dire. La risposta la suggerisce la Manes a Skuola.net: “Denunciate. Solo la denuncia rende liberi e anche se la libertà alle volte costa fatica, i benefici che poi se ne ricavano ripagano. Occorre dunque avere il coraggio di uscire dallo stato omertoso e comatoso cui si viene spinti, tante volte, dalla paura di peggiorare uno stato già difficile delle cose. In questo modo però si legittimano comportamenti che viceversa vanno repressi e rieducati”. E chi invece si accorge di avere un “bullo” per figlio cosa deve fare? “Bisogna mettere immediatamente dei paletti – consiglia la Manca - riprendere un ruolo autorevole dal punto di vista educativo e lavorare sul senso morale e dell’altro che questi ragazzi non hanno o che non hanno sviluppato abbastanza. Il rispetto prima di tutto, dalle regole all’altro, facendo comprendere la gravità di ciò che fanno e gli esiti nocivi delle loro azioni. In tanti casi è utile un percorso psicoterapeutico”.

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Serena Rosticci

Data pubblicazione 17 Maggio 2016, Ore 16:11
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