Mika
di Mika
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Versione originale in latino


Pauci ac ferme optimus quisque Hannoni adsentiebantur; sed, ut plerumque fit, maior pars meliorem vicit. Missus Hannibal in Hispaniam primo statim adventu omnem exercitum in se convertit; Hamilcarem iuvenem redditum sibi veteres milites credere; eundem vigorem in voltu vimque in oculis, habitum oris lineamentaque intueri. Dein brevi effecit ut pater in se minimum momentum ad favorem conciliandum esset. Nunquam ingenium idem ad res diversissimas, parendum atque imparandum, habilius fuit.
Itaque haud facile discerneres utrum imperatori an exercitui carior esset; neque Hasdrubal alium quemquam praeficere malle ubi quid fortiter ac strenue agendum esset, neque milites alio duce plus confidere aut audere. Plurimum audaciae ad pericula capessenda, plurimum consilii inter ipsa pericula erat. Nullo labore aut corpus fatigari aut animus vinci poterat. Caloris ac frigoris patientia par; cibi potionisque desiderio naturali, non voluptate modus finitus; vigiliarum somnique nec die nec nocte discriminata tempora; id quod gerendis rebus superesset quieti datum; ea neque molli strato neque silentio accersita; multi saepe militari sagulo opertum humi iacentem inter custodias stationesque militum conspexerunt. Vestitus nihil inter aequales excellens: arma atque equi conspiciebantur. Equitum peditumque idem longe primus erat; princeps in proelium ibat, ultimus conserto proelio excedebat. Has tantas viri virtutes ingentia vitia aequabant, inhumana crudelitas, perfidia plus quam Punica, nihil veri, nihil sancti, nullus deum metus, nullum ius iurandum, nulla religio. Cum hac indole virtutum atque vitiorum triennio sub Hasdrubale imperatore meruit, nulla re quae agenda videndaque magno futuro duci esset praetermissa.

Traduzione all'italiano


Pochi ma all'incirca tutti i migliori davano ragione ad Annone; ma, come perlopiù accade, la parte più grande ebbe la meglio su quella migliore. Giunto Annibale in Spagna, subito, al suo primo apparire, si guadagnò la stima di tutto l'esercito: i soldati anziani credettero che il giovane Amilcare fosse tornato lì da loro, videro in lui lo stesso vigore nel volto, la stessa forza nello sguardo, la stessa espressione dei lineamenti e del viso. Poi, brevemente, fece in modo che il padre fosse di minima importanza per conciliarsi l'approvazione. Non ci fu mai un ingegno più abile verso due attività molto diverse: obbedire e comandare. E così non avresti mai distinto con facilità se fosse più caro al comandante o all'esercito: né Asdrubale preferiva mettere a capo qualcun altro quando bisognava combattere con forza e coraggio, né i soldati confidavano e osavano di più sotto un altro comandante. Aveva grande coraggio nell'affrontare i pericoli e grande saggezza tra i pericoli stessi. Il suo corpo non poteva essere stancato o il suo animo vinto da nessuna fatica. Sopportava allo stesso modo il caldo e il freddo, la misura del cibo e delle bevande era determinata dal bisogno naturale e non dall'ingordigia, i periodi della veglia e del sonno non erano determinai dal giorno e dalla notte: concedeva al riposo il tempo che avanzava dalle azioni militari; esso non era conciliato da un letto morbido né dal silenzio: molti lo videro spesso che giaceva a terra, coperto da una coperta militare, tra i corpi di guardia e distaccamenti dei soldati. Non si distingueva tra i pari per gli abiti ma attiravano lo sguardo le armi e i cavalli. Annibale era il primo della cavalleria e della fanteria, in battaglia andava avanti per primo, e, terminata la battaglia, si ritirava per ultimo. Tutte queste tanto grandi virtù erano pareggiate da grandi vizi: era di una crudeltà disumana, di una slealtà più che cartaginese, non aveva senso del vero né del sacro, non aveva paura degli dei, nessun rispetto di un giuramento, nessuno scrupolo. Con questa natura mista di vizi e virtù, durante il triennio sotto il comando di Asdrubale, meritò, senza trascurare nulla, cose che bisognava fare e vedere da parte di uno destinato a diventare un grande comandante.

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