Dispensa di Matematica - Endomorfismi autoaggiunti
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2. Endomorfismi autoaggiunti
Di particolare interesse risulta essere la seguente classe di endomorfismi (che proveremo in
seguito essere in particolare semplici). n
2.1. Definizione. Un endomorfismo di si dice autoaggiunto se
φ E
· = · ∀ ∈
φ(v) w v φ(w) v, w E.
Sappiamo da 1.12, Cap.VIII che autovettori corrispondenti ad autovalori distinti sono linear-
mente indipendenti. Per gli endomorfismi autoaggiunti vale una proprietà più forte:
n
2.2. Proposizione. Sia un endomorfismo autoaggiunto di e siano ∈ due suoi
φ E λ , λ R
1 2
autovalori distinti. Se ∈ , = 1, 2, sono due autovettori non nulli, allora sono ortogonali.
v V i v , v
i λ 1 2
i
Dimostrazione. Essendo autoaggiunto si ha ) · = · ). D’altra parte, poiché e
φ φ(v v v φ(v v v
1 2 1 2 1 2
sono autovettori: ) = per = 1, 2. Quindi l’ipotesi di autoaggiuntezza diventa
φ(v λ v i
i i i (λ ) · = · (λ ),
v v v v
1 1 2 1 2 2
da cui (v · ) = (v · ) ⇒ (λ − )(v · ) = 0
λ v λ v λ v .
R
1 1 2 2 1 2 2 1 1 2
Essendo gli autovalori distinti per ipotesi, ne segue che · = 0 , ovvero gli autovettori sono
v v R
1 2
ortogonali.
Proviamo ora una importante caratterizzazione dell’autoaggiuntezza in termini di matrici.
Ancora una volta le basi ortonormali giocano un ruolo centrale. Ricordiamo dalla definizione 1.15
n,n
del Cap. V che una matrice = (a ) ∈ si dice simmetrica se coincide con la sua trasposta
A R
ij
t = ovvero se per ogni gli elementi e coincidono.
A A, i, j, a a
ij ji
n n
2.3. Teorema. Siano ∈ ) e B una base ortonormale di . Allora
φ End(E E
B,B è simmetrica.
è autoaggiunto ⇐⇒
φ M φ
B,B e si denotino come al solito con e le colonne
Sia ponga = (a ) :=
Dimostrazione. X Y
A M
ij φ n
delle componenti rispetto a B di e rispettivamente, dove ∈ .
v w, v, w E
Dapprima osserviamo che, applicando opportunamente 1.9, si hanno le uguaglianze
t t t t t t t
· = (AX)Y = ( = e · = ) =
φ(v) w X A)Y X AY v φ(w) X(AY XAY.
n
“ ⇐ ” Se è simmetrica, allora · = · per ogni ∈ . Quindi è autoaggiunto.
A φ(v) w v φ(w), v, w E φ
“ ⇒ ” Viceversa, sia autoaggiunto; allora
φ t t t
=
X AY XAY
n
comunque scelti in . Allora si facciano variare nella base canonica E = (e ) di
X, Y , . . . , e
R n
1
n t t t t t
. Ad esempio, se = e = , allora = e = ; quindi = .
X e Y e X AY a XAY a a a
R 1 2 21 12 21 12
Analogamente si prova che, per ogni gli elementi e coincidono, cioè è simmetrica.
i, j, a a A
ij ji 121
Brundu-Landi, Note di Algebra lineare e Geometria, 7.1.2014
2.3.1. Esempio. La matrice
2 −1
=
A −1 3
2
è simmetrica; dunque l’endomorfismo di associato ad rispetto alla base canonica è autoag-
φ E A
giunto. Si può anche verificarlo direttamente: poiché = (2x − −x + 3y), si ha
φ((x, y)) y,
(a, · = − + + 3y) =
b) φ((x, y)) a(2x y) b(−x
= (2a − + (−a + 3b)y = · (x,
b)x φ((a, b)) y).
Invece la matrice
1 1
=
B −1 0
non è simmetrica; infatti non è autoaggiunto in quanto
φ
) · = (1, −1) · (0, 1) = −1 mentre · ) = (1, 0) · (1, 0) = 1.
φ(e e e φ(e
1 2 1 2
Enunciamo ora il teorema fondamentale relativo alle matrici simmetriche reali:
n,n
2.4. Teorema. Sia ∈ una matrice simmetrica; allora il suo polinomio caratteristico ha
A R
solo radici reali.
Dimostrazione. Sia una radice del polinomio caratteristico di Poiché potrebbe non essere
λ A. λ n
reale, dobbiamo interpretare come matrice associata ad un endomorfismo di ; quindi sia
A C
n n
: −→
φ C C
E,E n
= Sia ∈ un corrispondente autovettore non nullo, cioè = Se
definito da A. v φ(v) λv.
M C
φ
denotiamo come al solito con la matrice colonna delle componenti di possiamo scrivere tale
X v,
condizione in termini di matrici. Più precisamente, se = (x ), allora
v , . . . , x
n
1
x
1
.. e vale =
= AX λX.
X .
x
n = poiché
Prendendo i complessi coniugati dell’espressione precedente e tenendo conto che A A A
è reale, si ha x
1
.
..
= dove =
AX λ̄X, X .
x
n
t utilizzando le due uguaglianze precedenti, potrà essere cor-
Consideriamo ora lo scalare XAX:
rispondentemente scritto in due modi differenti:
t t t t
= = = (
XAX X(AX) X(λX) λ XX)
t t t t
t = ( = (AX)X = ( = (
XAX XA)X λ̄X)X λ̄ XX)
da cui, eguagliando, t
(λ − ( = 0.
λ̄) XX)
t .
D’altra parte, = + + · · · + è un numero reale positivo in quanto 6 = 0
XX x x x x x x v n
n n C
1 1 2 2
Pertanto = dunque è reale.
λ λ̄, λ
122 Capitolo IX - Endomorfismi autoaggiunti
2.4.1. Esempio. Il seguente esempio ha un triplice scopo:
- fornisce una dimostrazione “ad hoc” del teorema 2.4 nel caso di matrici 2 × 2;
- verifica in modo diretto la proposizione 2.2 (ancora nel caso = 2);
n
2 2
- mostra che un endomorfismo autoaggiunto di determina una base ortonormale di costituita
E E
da autovettori. Quest’ultimo fatto risulterà utile nella dimostrazione di 2.6.
2,2
Si consideri dunque la generica matrice simmetrica di R
a a
11 12
= .
A a a
12 22
Sia (T ) = det(A − il suo polinomio caratteristico; dunque
p T I)
A −
a T a
11 12 2 212
= − (a + )T + − (∗)
(T ) = T a a a a .
p A 11 22 11 22
−
a a T
12 22
Quindi il discriminante di (T ) è dato da
p A 2 212 2 212
∆ = (a + ) − 4(a − ) = (a − ) + 4a ≥ 0,
a a a a
11 22 11 22 11 22
in quanto somma di due quadrati. Quindi le radici di (T ) sono reali.
λ , λ p A
1 2
Dimostriamo infine che è diagonalizzabile con una matrice ortogonale . A tale scopo conside-
A P E,E
2 ,
riamo l’endomorfismo di associato ad rispetto alla base canonica E. Poiché =
φ E A A M φ
possiamo considerare gli autospazi di associati a e .
φ λ λ
1 2
Se ∆ = 0, allora = e = 0, cioè la matrice è già diagonale e quindi è diagonalizzabile
a a a A
11 22 12
con la matrice ortogonale = . C’è un solo autovalore = = , di molteplicità 2, e il
P I λ a a
2 1 11 22
2
corrispondente autospazio è = .
V E
λ
1
Se ∆ 0, allora le radici 6 = hanno corrispondenti autospazi (entrambi di dimensione uno)
> λ λ
1 2
e . Da 2.2 segue che due loro vettori non nulli ∈ = 1, = 1, 2, sono ortogonali.
V V v V i
λ λ i λ
i
1 2
Quindi la matrice diagonalizzante , le cui colonne sono gli autovettori normalizzati
P v
v 2
1 , ,
k k k k
v v
1 2
è ortogonale per costruzione. Osserviamo che la matrice ortogonale può essere scelta speciale,
P
semplicemente scambiando l’ordine di e e dunque di e .
λ λ v v
1 2 1 2
Nella pratica, per determinare la matrice ortogonale (o equivalentemente una base ortonor-
P
2
male di costituita da autovettori), si procede come segue. Si osserva dapprima che ogni au-
E
tospazio è dato dalle soluzioni del sistema omogeneo associato alla matrice
V
λ
i
−
a λ a
i
11 12
− = = 1, 2.
A λ I , i
i −
a a λ
i
12 22
Poiché, come detto sopra, dim(V ) = 1, il sistema precedente equivale ad una sola equazione: ad
λ
i
esempio, = {(x, | (a − )x + = 0} = L((−a − )) = L(v ), con = 1, 2, dove
V y) λ a y , a λ i
λ i i i
11 12 12 11
i
si sono posti := (−a − ) e := (−a − ).
v , a λ v , a λ
1 12 11 1 2 12 11 2
Si può mostrare esplicitamente che e sono ortogonali. Infatti il loro prodotto scalare è
v v
1 2
212 211
· = + − (λ + )a +
v v a a λ λ λ .
1 2 1 2 11 1 2 212 .
D’altra parte, dall’espressione (∗) di (T ) segue che + = + e = −
p λ λ a a λ λ a a a
A 1 2 11 22 1 2 11 22
Sostituendo nella precedente uguaglianza si ottiene · = 0.
v v
1 2 123
Brundu-Landi, Note di Algebra lineare e Geometria, 7.1.2014
2.4.2. Esempio. Consideriamo la matrice simmetrica dell’esempio 2.3.1:
2 −1
= .
A −1 3
Il suo polinomio caratteristico (T ) = det(A − è esplicitamente calcolato essere
p T I)
A 2
(T ) = − 5T + 5
p T
A √
12 (5 ±
e quindi le sue radici sono chiaramente reali: = 5).
λ
±
I corrispondenti autospazi sono dati dalle soluzioni dei sistemi omogeneo associati alle matrici
V
± √
1
5) −1
(−1 ∓ √
2
− = .
A λ I
± 1 5)
(1 ±
−1 2
Come prima, dim(V ) = 1, e quindi questo sistema equivale ad una sola equazione: ad esempio,
√ √
√ ±
5) = L(v ). Qui := (−2, 1 + 5) e := (−2, 1 − 5). Esplicitamente,
= L((−2, 1 ± v v
V ± −
± + · = 4 − 4 = 0
v v
−
+
ovvero gli autospazi sono ortogonali.
E’ infine chiaro che i vettori v v
−
+
:= :=
u , u
1 2
k k k k
v v
−
+
costituiscono una base ortonormale di autovettori.
Possiamo ora enunciare il teorema fondamentale del capitolo (noto anche come Teorema spet-
trale) nelle sue due formulazioni: per endomorfismi autoaggiunti (2.6) e per matrici simmetriche
(2.7). Per fare questo, abbiamo bisogno di un’avvertenza e di una definizione. n
Nota. Finora abbiamo studiato endomorfismi dello spazio vettoriale euclideo . Tutta la teoria
E
può essere naturalmente formulata per un qualunque vettoriale dotato di prodotto scalare,
R–spazio
n
nozione introdotta nel Cap. IV, di cui lo spazio è un caso particolare. Anche nell’ambito più
E
generale valgono le stesse definizioni e gli stessi risultati. Ne avremo bisogno per il teorema 2.6.
2.5. Definizione. Sia : −→ un endomorfismo di un vettoriale e sia ⊂ un
φ V V Ṽ V
R–spazio
suo sottospazio vettoriale. Se l’immagine di tramite è contenuta in (in simboli: ) ⊆ ),
Ṽ φ Ṽ φ( Ṽ Ṽ
allora è definito l’endomorfismo (in quanto è un’applicazione ovviamente lineare)
: −→ data da (v) := ∀v ∈
φ Ṽ Ṽ φ φ(v), Ṽ .
|V
| Ṽ
In altre parole, ha la stessa legge di ma diverso dominio e codominio. Tale endomorfismo
φ φ,
| Ṽ
di si dice restrizione di a .
Ṽ φ Ṽ
2.6. Teorema spettrale (per endomorfismi). Se (V, ·) è un vettoriale dotato di
R–spazio
prodotto scalare e ∈ ) allora
φ End(V
è autoaggiunto ⇐⇒ esiste una base ortonormale di costituita da autovettori.
φ V
124 Capitolo IX - Endomorfismi autoaggiunti C,C è diagonale e in
Dimostrazione. “ ⇐ ” Sia C una base ortonormale di autovettori; allora M φ
particolare è simmetrica. Quindi è autoaggiunto per 2.3.
φ
“ ⇒ ” Proviamo questa implicazione per induzione su = dim(V ).
n
Se = 2 il risultato è nell’esempio 2.4.1.
n
Supponiamo ora di sapere che l’implicazione vale per ogni spazio vettoriale con prodotto scalare
avente dimensione − 1 e proviamola per (V, ·) di dimensione
n n.
Sia dunque un endomorfismo autoaggiunto di . Se B è una qualunque base ortonormale di
φ V B,B è simmetrica; pertanto il polinomio
(che esiste per 1.22, Cap. IV), allora, per 2.3, =
V A M φ
caratteristico di ha solo radici reali per 2.4. Sia un tale autovalore di e un corrispondente
A λ φ v
1
autovettore che possiamo supporre di norma uno. ⊥
Consideriamo il sottospazio ortogonale della retta vettoriale generata da , cioè := (L(v )) .
v Ṽ
1 1
Per poter definire la restrizione di a (secondo 2.5) dobbiamo verificare che ) ⊆ cioè che
φ Ṽ φ( Ṽ Ṽ
per ogni ∈ si abbia ∈ .
v Ṽ φ(v) Ṽ
⊥
Tenendo conto che := (L(v )) , si tratta di provare che · = 0 ⇒ · = 0; ma questo
Ṽ v v φ(v) v
1 1 1
segue dall’ipotesi che sia autoaggiunto e che sia un autovettore associato a infatti
φ v λ:
1
· = · ) = · (λv ) = (v · ) = 0.
φ(v) v v φ(v v λ v
1 1 1 1
Quindi si restringe ad un endomorfismo : → , che ovviamente è ancora autoaggiunto.
φ φ Ṽ Ṽ
| Ṽ
Inoltre dim( ) = − 1, dunque ad esso si può applicare l’ipotesi induttiva: esistono − 1 vettori
Ṽ n n
(v ) che sono una base ortonormale di e sono autovettori di .
, . . . , v Ṽ φ
n
2 | Ṽ
Poiché è definita come è evidente che (v ) sono anche autovettori di inoltre sono
φ φ, , . . . , v φ;
n
2
| Ṽ
ortogonali a in quanto appartengono a . Abbiamo quindi provato che i vettori (v )
v Ṽ , v , . . . , v
n
1 1 2
sono un insieme ortonormale costituito da autovettori di Infine, essendo in numero di =
φ. n
dim(V ), costituiscono una base di e ciò prova la tesi.
V
n,n
2.7. Teorema spettrale (per matrici). Sia ∈ una matrice simmetrica; allora esiste una
A R
t
matrice ortogonale tale che è diagonale, ovvero le matrici simmetriche sono diagonalizzabili
P P AP
mediante matrici ortogonali. E,E n n
Consideriamo l’endomorfismo = : −→ , che è autoaggiunto per
Dimostrazione. φ f E E
A n
2.3, essendo simmetrica ed E base ortonormale. Per 2.6 esiste una base ortonormale C di
A E
C,C è diagonale. Inoltre, per 8.6, Cap. VII:
costituita da autovettori e quindi M φ E,E
C,C C,E
E,C
= M .
M M
M φ
φ
E,E C,E −1
Poiché = posta := si ha che è diagonale. Ma la matrice ha per colonne
M A, P M P AP P
φ
le componenti dei vettori di C che è una base ortonormale, dunque è una matrice ortogonale.
2.8. Osservazione. Nella dimostrazione precedente, la matrice ortogonale può essere scelta
P
speciale, semplicemente scambiando tra loro due qualsiasi delle sue colonne.
4
2.8.1. Esempio. Sia ∈ ) definito da = (x + + −z + −
φ End(R φ((x, y, z, t)) y, x y, t, z t).
4
La matrice associata a rispetto alla base canonica E di è chiaramente:
φ R
1 1 0 0
1 1 0 0
E,E = .
M
φ 0 0 −1 1
0 0 1 −1 125
Brundu-Landi, Note di Algebra lineare e Geometria, 7.1.2014
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