Economia applicata all'ingegneria - Appunti
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Anche nel monopolio perfetto l’informazione è trasparente. Le differenze dal caso
precedente sono però radicali. Nel monopolio perfetto il è l’unico che
monopolista
offre il prodotto del settore (e dunque curva di domanda e curva di domanda del
settore coincidono), e vale, per qualsiasi quantità: MR < AR. Al solito, la quantità
ottimale corrisponde a Q , punto per il quale MC = MR. Nell’esempio in figura, il
1
monopolista otterrà un extra – profitto pari all’area giallo chiaro. Si noti che in
condizioni di monopolio perfetto non è possibile definire una relazione tra prezzo e
quantità offerta (e dunque una curva di offerta) indipendentemente dalla domanda; infatti il monopolista
definisce la quantità da produrre e il prezzo al quale venderla considerando la domanda (quindi, il ricavo
marginale) e i costi (quindi, i costi marginali). Per fare un confronto
tra concorrenza perfetta e monopolio perfetto supponiamo che un
monopolista acquisti tutte le imprese di un mercato perfettamente
concorrenziale. Inizialmente il mercato era in equilibrio nel punto 3.
Per il monopolista, la curva di offerta nel breve periodo rappresenta
ora la SMC, mentre quella del lungo periodo rappresenta la LMC.
Nel breve periodo egli massimizzerà il proprio profitto portandosi
alla situazione 2 (MR=SMC). Infine egli potrà massimizzerà le
proprie entrate portandosi nel punto 1 (MR=LMC). Dunque un
settore monopolistico produce una quantità minore a un prezzo
maggiore rispetto ad un settore concorrenziale. Fin ora si è fatta
l’ipotesi che un’impresa monopolistica venda ad un unico prezzo. Si parla di discriminazione del prezzo
quando, invece, la vendita di un prodotto viene effettuata a prezzi differenti, a secondo dell’acquirente. Ove
è possibile individuare acquirenti disposti a pagare prezzi diversi per lo stesso prodotto, e dove è possibile
impedire la rivendita dello stesso (ad esempio nel settore dell’energia), è possibile una discriminazione del
prezzo, così da vendere ad un prezzo più alto agli acquirenti aventi domanda meno elastica al prezzo.
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La maggior parte dei mercati opera in una situazione intermedia tra la concorrenza ed il monopolio.
Un’impresa che opera in un mercato imperfettamente concorrenziale si trova a fronteggiare una curva di
domanda del proprio prodotto inclinata negativamente e si rende conto che la quantità che potrà vendere
dipende dal prezzo che decide di fissare. La è la determinante
scala minima efficiente di produzione
fondamentale della struttura di un mercato. Essa è la dimensione minima del processo produttivo che
consente di produrre al minor costo di lungo periodo, ed ha una forte influenza sul prezzo. Spesso, quando
si hanno rilevanti economie di scala e/o elevata scala minima efficiente di produzione, si verifica una
situazione di mercato chiamata nella quale vi è un monopolista che opera con un unico
monopolio naturale,
grande impianto. La definizione deriva dal fatto che, in una situazione di tal genere, la produzione con molte
piccole imprese verrebbe realizzata con impianti sottodimensionati rispetto alla scala efficiente di
produzione o con impianti sufficientemente dimensionati ma sottoutilizzati (la domanda è frammentata), e
dunque un mercato concorrenziale risulterebbe non competitivo. La è una struttura
concorrenza monopolistica
di mercato caratterizzata da un’elevata frammentazione dell’offerta e da una significativa differenziazione
del prodotto, che viene considerato dagli acquirenti quale
sostituibile con molti altri offerti nel mercato; l’impresa ha
quindi un limitato grado di potere decisionale sul prezzo.
Analizziamo le due diverse situazioni attraverso lo studio del
grafico a fianco. Ipotizziamo che la curva di domanda del settore
di un prodotto sia la retta DD (inclinata negativamente a causa
della differenziazione del prodotto). Se la tecnologia determina
una curva di costo medio di lungo periodo LAC , accessibile sia
1
alle imprese operanti, che a quelle entranti (modeste barriere all’entrata) il prezzo di equilibrio sarà P , e ogni
1
impresa produce q . Se q , ovvero la scala efficiente di produzione, è piccola rispetto alla domanda di
1 1 ) sarà relativamente
mercato, il numero di imprese (che realizzeranno una quantità offerta totale pari a Q
1
grande (concorrenza monopolistica). Se invece la curva del costo medio è data da LAC , la scala efficiente di
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produzione è Q , e quindi una sola grande impresa, efficientemente dimensionata è in grado di esaurire la
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domanda di mercato (monopolio naturale). Si noti che in questo caso la scala minima efficiente può trovarsi
a destra della domanda.
Analizziamo ora nel dettaglio la concorrenza monopolistica.
Dal grafico possiamo vedere come nel breve periodo l’impresa
realizza extra–profitti pari all’area EFCD, che attraggono
nuove imprese nel settore, le quali trovano all’entrata modeste
barriere. Nel lungo periodo la curva di domanda si contrae
fino a diventare tangente al costo medio (punto F), e l’impresa
realizza profitti normali. Nei mercati di concorrenza imperfetta
le imprese investono in pubblicità per fidelizzare i propri
consumatori. Al crescere dell’investimento in pubblicità il numero di imprese diminuisce.
L’oligopolio è una struttura di mercato caratterizzata da un significativo grado di concentrazione dell’offerta e
nella quale ogni impresa è consapevole di operare in condizioni d’interdipendenza con i concorrenti.
L’interdipendenza può risolversi in una situazione di o di La cooperazione è un
competizione cooperazione.
accordo, implicito (collusione) o esplicito (cartello), tra imprese per ridurre o eliminare la competizione. Fattori
che possono rendere difficile la cooperazione tra le imprese di un oligopolio sono la non omogeneità del
prodotto, deboli barriere all’entrata, cambiamento repentino di domanda e/o condizioni di costo. I profitti
della cooperazione stanno nel fatto che più imprese possono comportarsi come un’unica grande impresa
monopolistica che mira al massimo profitto. Vi sono situazioni però dove un’impresa ha convenienza a
“scartellare” (quando ad esempio un’impresa ha un vantaggio di costo su un’altra). Esaminiamo come
un’impresa percepisce la propria curva di domanda in un oligopolio. Essa osserva il proprio prezzo ed il
proprio livello di output, ma deve prevedere quale sarà la reazione dei concorrenti. L’impresa si aspetta che
una propria riduzione del prezzo sarà imitata anche dai concorrenti, che interpretano questa azione come
un’azione aggressiva; allora la domanda, a seguito di una riduzione del prezzo, sarà
inelastica e ripida. Invece, i concorrenti non reagiranno ad eventuali aumenti del prezzo;
allora la domanda sarà relativamente elastica per prezzi al di sopra di P . L’impresa ipotizza
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di avere una curva di domanda ad angolo (come in figura). Date queste ipotesi l’impresa
prevede che i propri ricavi si ridurranno per qualsiasi variazione del prezzo. La miglior
strategia sarà dunque quella di mantener il prezzo a P . Definiamo una situazione
gioco
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nella quale agenti interdipendenti devono compiere scelte intelligenti, una linea di comportamento
strategia
che l’agente seguirà, in ogni situazione prevedibile, e la migliore strategia possibile,
strategia dominante
indipendentemente dalle scelte degli altri. Ipotizziamo che vi siano due soggetti che delinquono e vengono
arrestati, ma le prove non sono sufficienti per dare il massimo della pena. I due si chiamano Tizio e Caio.
Supponiamo che vengano messi in due celle diverse, e non abbiano la possibilità di comunicare. Se
confessano entrambi si prendono 5 anni ciascuno. Se non confessa nessuno, si prendono solo 1 anno di
galera. Se confessa Tizio, allora non prenderà alcuna pena, mentre Caio si prenderà 10 anni (viceversa se
confessa Caio). La strategia dominante è confessare, poiché anche se non massimizza il risultato, minimizza
la possibilità di pena. Supponiamo ora che vengano messi nella stessa cella, e dunque possano comunicare.
Anche in questo caso la strategia dominante è la precedente; infatti, anche potendosi mettere d'accordo,
rimane la possibilità che il compagno tradisca. Questo è il cosiddetto Una situazione
dilemma del prigioniero.
analoga può aversi quando in un settore operano unicamente due imprese A e B, e devono scegliere se
aumentare o ridurre la produzione. Lo schema a fianco rappresenta il guadagno delle aziende per ogni
situazione. Ognuna ha una strategia dominante aumentando la produzione. Così
facendo ognuna otterrebbe un profitto pari ad 1 ma entrambe avrebbero profitti
maggiori riducendo la quantità prodotta sempre che ognuna sia certa che anche
l’altra la riduca a sua volta. Una collusione porterebbe ad un mutuo beneficio ma
dopo vi sarebbe un incentivo, per ognuna delle due, a rompere l’accordo. Tale
incentivo può essere “controllato” attraverso un impegno irrevocabile (azione
che restringe le scelte future della diretta concorrente) o una minaccia credibile. Alcune barriere all’entrata
sono strategicamente create dalle imprese esistenti, come la minaccia di prezzi predatori, pubblicità che
pruovomono l’immagine e la fedeltà di marca, proliferazione di prodotti con marche differenti (per offrire di
per sé alternative al consumatore) o azioni che obbligano i potenziali entranti a costi irrecuperabili.
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La studia l’economia intesa come Se la microeconomia enfatizza la conoscenza
macroeconomia sistema.
particolareggiata dei singoli mercati, la macroeconomia si occupa piuttosto dell’interazione tra essi,
attraverso lo studio della (spesa totale) e dell’offerta (produzione totale). Gli
domanda aggregata aggregata
obiettivi della macroeconomia possono sintetizzarsi nella ricerca di un tasso di crescita di lungo periodo
elevato e stabile, un basso tasso di disoccupazione, un’inflazione bassa e stabile, un equilibrio nella bilancia
dei pagamenti (con l’estero). Distinguiamo cioè l’insieme delle decisioni adottate dal governo
politica fiscale,
riguardo al bilancio dello Stato (spesa pubblica, sistema fiscale) e strumento usato dalle
politica monetaria,
banche centrali per determinare l’offerta di moneta. Per raggiungere gli obiettivi preposti lo Stato deve
tenere conto di alcune variabili intermedie: e
tassi d’interesse, tassi di cambio, offerta di moneta, imposte spesa
Spesso il perseguimento di alcuni obiettivi può compromettere la realizzazione di uno degli altri,
pubblica.
poiché sono legati tra di loro attraverso la relazione con la domanda aggregata, che si calcola come Y = C +
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+ G + X, dove C è il consumo della famiglie, gli investimenti delle imprese, G la spesa pubblica ed X le
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esportazioni. Solo parte del reddito delle famiglie è speso per l’acquisto di beni e servizi prodotti
internamente. Non tutto il reddito passa infatti attraverso il flusso ristretto tra famiglie e imprese. Vi sono
prelievi e immissioni nel flusso ristretto. Il resto viene prelevato da fonti come Risparmio netto (S), Imposte
nette (T) e Importazioni (M). Il risparmio è il reddito che non viene speso dalle famiglie, ma conservato per il
consumo futuro e viene depositato presso le istituzioni finanziarie (banche). Si origina così un flusso dalle
famiglie alle banche, che si considera al netto del flusso dalle banche alle famiglie (per prestiti e mutui
ottenuti). Le imposte nette sono rappresentate dai pagamenti effettuati dalle famiglie allo Stato per le tasse al
netto dei trasferimenti ricevuti (per esempio sussidi di disoccupazione, pensioni). Solo parte della domanda
per i beni prodotti dalle imprese proviene dalle famiglie. Il resto viene dalle immissioni. Le principali forme
di immissioni sono G, ed X. Nel dettaglio, gli investimenti sono gli acquisti di beni che saranno utilizzati in
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futuro per produrre altri beni e servizi. Si tratta della somma degli acquisti di beni capitali e attrezzature,
scorte e strutture. Gli investimenti in strutture includono gli immobili di nuova costruzione anche a uso
abitativo. G comprende gli acquisti di beni e servizi da parte dell’amministrazione statale e locale. Sono
inclusi i salari dei dipendenti pubblici e la spesa per le opere pubbliche. Le esportazioni rappresentano la
domanda di beni e servizi da parte dei residenti all’estero. Con esse si immette moneta nel flusso ristretto.
Esistono legami indiretti tra tutte queste variabili. IMMISSIONI
Tali legami non garantiscono però che S=I, T=G ed X
IMPRESA
M=X. Una economia è in equilibrio quando le G
decisioni di immissione e prelievo coincidono, nel I
complesso: S + T + M = + G + X. Tali decisioni
I Consumo di
sono prese da diversi individui, i quali possono Pagamento FLUSSO beni e servizi Settore
Banche Estero
dei fattori RISTRETTO prodotti pubblico
scegliere arbitrariamente quanto e se investire o internamente
risparmiare. Può accadere che le immissioni ed
emissioni programmate (ex non si eguaglino S
ante) T
tra loro. Se le immissioni eccedono i prelievi il FAMIGLIE M
livello di spesa aumenta, e così anche la domanda PRELIEVI
aggregata. La spesa aggiuntiva incrementa le
vendite delle imprese e le incentiva a produrre di più, così che le imprese pagheranno più salari e stipendi: il
reddito nazionale aumenta. L’aumento della domanda aggregata farà sì che l’economia cresca, e che la
disoccupazione diminuisca, ma insieme si avrà un aumento dell’inflazione, e un deficit della bilancia dei
pagamenti. Tuttavia un aumento del reddito comporta che le famiglie spenderanno di più, risparmieranno
di più e importeranno di più, così che i prelievi aumenteranno fino a raggiungere nuovamente le immissioni.
Se viceversa i prelievi ex ante eccedono le immissioni ex ante, si avrà una situazione esattamente opposta:
dunque in ogni caso una disuguaglianza porta ad una situazione di squilibrio. Per giudicare la performance
di un’economia si usa il reddito totale da essa prodotto. Per l’intera economia, il reddito deve essere uguale
alla spesa perché ogni transazione ha un acquirente e un venditore. Ogni euro di spesa del compratore
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equivale a un euro di reddito per il venditore. Con la crescita del reddito il tenore di vita di un Paese
migliora. Il reddito di un’economia è dato dal valore di mercato di tutti i beni e servizi finali prodotti in un
Paese in un dato periodo di tempo e può essere calcolato sommando il valore di tutti i beni finali prodotti
dall’economia, sommando i (differenze tra il valore del bene alla fine e all’inizio di un
valori aggiunti
processo produttivo), oppure sommando i redditi dell’economia in un dato periodo (imposte indirette,
redditi da lavoro, più redditi da capitale). Dall’esempio in figura vediamo come essi siano equivalenti.
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Una variazione del reddito può essere dovuta ad una variazione dei prezzi o della quantità prodotta.
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Poiché per ogni transazione ci sono un compratore e un venditore, la spesa totale dell’economia deve essere
uguale al reddito totale. Il (PIL) è il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali
prodotto interno lordo
prodotti in un Paese in un dato periodo di tempo, generalmente anno solare o trimestre. Naturalmente nel
caso di periodo trimestrale bisogna tener conto che ciascuno non è uguale all'altro (ad esempio può ricadervi
all'interno il natale, o il periodo estivo), e dunque è in tal caso necessaria una manipolazione che viene
compiuta attraverso una procedura statistica denominata Il PIL somma diversi
aggiustamento stagionale.
generi di prodotti in un’unica misura del valore dell’attività economica. Per farlo, si ricorre ai prezzi di
mercato. Misurando quanto gli individui sono disposti a pagare per beni e servizi, i prezzi di mercato
riflettono il valore effettivo di tali beni. Inoltre deve essere onnicomprensivo, cioè deve includere tutti i beni
e servizi prodotti nell’economia e venduti legalmente. Sono esclusi i beni venduti e prodotti illecitamente e i
beni prodotti per l’autoconsumo. Il PIL comprende dunque sia i beni tangibili (cibo, abiti, automobili), sia i
servizi intangibili (barbiere, pulizie domestiche, visite mediche). Nel computo del PIL non sono inclusi i beni
intermedi, dato che il valore di questi ultimi è incorporato in quello del bene finale. Aggiungere il valore del
bene intermedio al computo del PIL significherebbe duplicare una rilevazione. Quando un bene intermedio
viene immagazzinato e utilizzato o rivenduto in un secondo momento, il suo valore costituisce un
investimento in scorte e dunque viene computato. Il PIL comprende i beni e i servizi prodotti attualmente e
non quelli prodotti nel passato, e dunque non vengono considerati i beni venduti di "seconda mano". Il
settore primario è quasi escluso dal computo, eccezion fatta per quei beni primari ai quali corrisponde un
consumo diretto. Il PIL misura il valore della produzione nell’ambito dei confini geografici di un Paese,
indipendentemente dalla nazionalità del produttore. Il PIL (Y) può essere scomposto in consumi (C),
investimenti (I), spesa pubblica (G) ed esportazioni nette (NX = X – M), somma algebrica tra esportazioni ed
importazioni. Per ottenere la spesa totale in beni nazionali, nel PIL si tiene conto degli investimenti in scorte
di magazzino per far fronte a improvvisi aumenti della domanda; si tiene allora conto della differenza tra
produzione e vendite (I ), positiva se la produzione supera le vendite, viceversa negativa. Dunque:
s ϒ = + + + + Χ −
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Il PIL misura il totale della spesa per beni e servizi in tutti i mercati di un’economia. Tra un anno e l’altro la
spesa può aumentare a causa di un aumento di produzione di beni e servizi oppure per un aumento dei
prezzi. Per analizzare l’andamento dell’economia nel tempo, è necessario separare i due effetti. Da qui nasce
la distinzione tra che utilizza i prezzi correnti per attribuire un valore alla produzione di beni e
PIL nominale, R S – C S 15
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di servizi realizzati dall’economia, e che valorizza la produzione a prezzi costanti rispetto a un
PIL reale,
anno base. Stimando il valore della produzione attuale a prezzi fissi, il PIL reale mostra quanto la
produzione totale di beni e servizi dell’economia sia effettivamente cambiata nel tempo. Il deflatore del PIL
misura il livello attuale dei prezzi in relazione al livello dei prezzi dell’anno base:
=
D (100 PIL ) / PIL
nominale reale
Se il PIL reale viene diviso per il numero dei lavoratori, otteniamo un indice sintetico del benessere materiale
della nazione, che, sebbene non fornisce alcuna informazione sulla distribuzione del reddito, è il miglior
indice disponibile. Il Pil non è una misura perfetta del benessere economico e non comprende alcune delle
cose che contribuiscono alla qualità della vita. Ad esempio se tutti noi usassimo la bicicletta anziché
un’autovettura, il PIL diminuirebbe, ma sicuramente aumenterebbe la qualità della vita (meno traffico, meno
inquinamento, etc.). Alcuni fattori di cui il PIL non tiene conto sono tempo libero, autoconsumo, cura
dell’infanzia, attività di volontariato, qualità dell’ambiente e, come già accennato, distribuzione del reddito.
Il PIL ha una connotazione geografica e territoriale. Se ad esso aggiungiamo i redditi prodotti da italiani
all'estero, e sottraiamo il reddito prodotto da stranieri in Italia si ottiene il prodotto nazionale lordo (PNL). Se
dal PNL escludiamo il consumo di capitale fisso (ammortamento) otteniamo il prodotto nazionale netto
(PNN). Infine togliendo ancora le imposte indirette viene calcolato il reddito nazionale (RN).
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Quando si parla di crescita economica, bisogna distinguere la misurata dal
crescita effettiva, tasso di incremento
dalla misurata dal ossia
percentuale del reddito nazionale, crescita potenziale, tasso di crescita massimo,
l’incremento percentuale annuo della capacità produttiva di un’economia. Se nel breve periodo il tasso di
crescita potenziale è maggiore di quello effettivo, allora ci sarà capacità produttiva inutilizzata. La situazione
opposta può aversi solo temporaneamente. Nel lungo periodo infatti il tasso effettivo è limitato da quello
potenziale. La crescita effettiva tende ad essere fluttuante, e il suo evolversi nel tempo tramite espansioni e
contrazioni caratterizza il ripresa, espansione, rallentamento e recessione. Nel breve periodo
ciclo economico:
l’indice della crescita effettiva è dato dall’aumento della domanda aggregata, che determina se il prodotto
viene realizzato. Nel lungo periodo invece le determinanti della crescita effettiva sono l’aumento
1
potenziale
della domanda aggregata, e la crescita del prodotto potenziale (che naturalmente non può crescere nel
breve). Le determinanti della crescita potenziale sono l’aumento delle risorse disponibili, o il miglioramento
dell’efficienza con cui queste vengono utilizzate (ad esempio attraverso il progresso tecnologico). Per risorse
si intende capitale (immobili e impianti), lavoro e terra (intesa come insieme di tutte le risorse naturali). Un
aumento dello stock di capitale fa aumentare la produzione. Se ignoriamo l’obsolescenza degli impianti, lo
stock di capitale aumenta in misura pari all’ammontare di capitale investito nel periodo precedente.
L’aumento della produzione che ne deriva dipende dalla produttività del capitale. Le determinanti del tasso
di investimento sono il grado di fiducia degli operatori sull’andamento futuro della domanda per i loro
prodotti, la redditività dell’impresa, il regime fiscale, il tasso di crescita dell’economia ed i tassi di interesse.
Un aumento della popolazione attiva (dovuto ad esempio ad un aumento del tasso di partecipazione o ad un
aumento della popolazione totale) determina un incremento della produzione potenziale. La terra è
disponibile in quantità fisse e la disponibilità di nuovi terreni in un’economia sviluppata è una causa
trascurabile dell’aumento della produzione. La scoperta di nuove materie prime infatti genera solo crescita
di breve periodo. Se aumenta l’uso di un solo fattore produttivo, a parità di tutti gli altri, si manifesta la legge
per quel fattore. Il progresso tecnologico consente di ottenere aumenti
della produttività marginale decrescente
della produttività marginale del capitale. Una migliore istruzione e formazione dei lavoratori consente un
miglioramento della loro produttività. Le principali politiche di crescita economica sono la politica della
che cerca di ottenere un aumento della domanda aggregata per assicurare che le imprese
domanda,
desiderino raggiungere il prodotto potenziale, e la che cerca di aumentare l’offerta
politica dell’offerta,
aggregata con l’incremento del prodotto potenziale, e si concretizza quindi in incentivi alla ricerca, allo
sviluppo, all’innovazione e alla formazione professionale. In generale, le azioni che un governo può attuare
ai fini del progresso sono principalmente: incentivare risparmio e investimento, attrarre investimenti esteri,
1 Il prodotto potenziale o di piena occupazione è il massimo prodotto che un’economia potrebbe produrre se tutti i
fattori della produzione fossero pienamente occupati. Esso è determinato dalla domanda se vi è un eccesso di offerta,
viceversa se c’è un eccesso di domanda.
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sussidiare l’istruzione, garantire diritti di proprietà e stabilità politica, favorire il libero scambio e
promuovere la ricerca. Parliamo ora di che può esprimersi, banalmente, con numero di
disoccupazione,
persone disoccupate, o con il ossia il rapporto tra i disoccupati e il totale della
tasso di disoccupazione, forza
(disoccupati e non). Sono da classificare quali disoccupati coloro che, trovandosi in età lavorativa ed
lavoro
essendo disposti a lavorare con gli attuali stipendi di mercato, sono senza Salario reale
lavoro, pur essendo attivamente impegnati nella DISOCCUPAZIONE DI
medio DISEQUILIBRIO
Salario reale medio ricerca di questo. La curva dell’offerta di S L
(S ) è la misura di coloro che sono
lavoro L
S N disposti ad accettare un lavoro per un
L dato salario reale corrente, mentre la w
(D ) è data
curva della domanda di lavoro 1
L
DISOCCUPAZIONE w
dal numero di lavoratori che le imprese e
DI EQUILIBRIO
w sono disposte ad assumere al salario
e D
L
reale corrente. L’incontro tra le due l Numero di lavoratori
D curve determina l’equilibrio del lavoro e
L sul mercato. Possiamo raggruppare le cause della disoccupazione in due
Numero di lavoratori
l e
categorie: che si ha quando, in presenza di un salario reale > , si ha un
disoccupazione di disequilibrio, w w
1 e
eccesso di offerta di lavoro (e dunque la domanda di lavoro deve essere minore dell’offerta di lavoro e il
salario deve essere ossia non può rapidamente portarsi a ), e che si ha
rigido, w disoccupazione di equilibrio,
e
quando, anche in corrispondenza del salario di equilibrio , non tutti i lavoratori sono disposti a lavorare, e
w e
restano in attesa di un lavoro più redditizio, e si calcola in questo caso come la differenza tra forza lavoro
totale (N) e offerta di lavoro. Analizziamo nel dettaglio cosa può generare l’una o l’altra causa. Fenomeni
come disoccupazione da da o portano a
salario reale, carenza di domanda di lavoro crescita dell’offerta di lavoro
disoccupazione di disequilibrio. Fenomeni come disoccupazione e portano a
frizionale, strutturale stagionale
disoccupazione di equilibrio. La prima è quella che tiene conto dei tempi tecnici che passano tra la ricerca di
un impiego e l’inserimento vero e proprio nel mercato del lavoro, e dunque interessa coloro che vogliono
lavorare per la prima volta o stanno cambiando impiego, e interessa il breve termine. La seconda è la
mancanza di un impiego legata all'assenza di corrispondenza tra abilità del lavoratore e richiesta del datore,
oppure la differenza di posizione geografica. La terza, anch’essa legata al breve termine, è la mancanza di
lavoro legata alle variazioni climatiche e stagionali (ad esempio i bagnini).
Il livello di produzione e i prezzi in una economia sono determinati dalla interazione tra domanda aggregata
e offerta aggregata. La prima è data dal livello totale di spesa per l’acquisto di prodotti nazionali, ossia spesa
dei consumatori, spesa del settore pubblico, spesa delle imprese, e spesa dei non residenti. Se aumentano i
prezzi (inflazione) si avrà un incentivo a consumare meno beni interni e a importare di più, e diminuiranno
anche le esportazioni. Si avrà una riduzione del potere di acquisto dei consumatori che si sentiranno più
poveri e consumeranno di meno. A parità di domanda, gli individui avranno
p bisogno di più denaro. Con un’offerta di moneta data si determina un
o aumento dei tassi di interesse che provoca una diminuzione degli
Y investimenti. La seconda, invece, è data dalla produzione totale
nell’economia. I prezzi dei fattori produttivi (in particolare il lavoro) non
p 2
p d crescono rapidamente quanto i prezzi dei beni: all’aumentare dei prezzi,
1 Y 2 diminuisce il salario reale pagato dalle imprese e pertanto aumenta la loro
d
Y redditività (e ciò le induce a espandere la produzione). L’equilibrio
1 Y
Y Y macroeconomico si ha nel punto di intersezione tra curva di domanda
1 2
aggregata (Y ) e curva di offerta aggregata (Y ). Variazioni di prezzo producono spostamenti lungo la curva;
d o
variazioni delle componenti proprie di domanda e offerta producono spostamenti della curva stessa.
L’inflazione è quell’aumento dei prezzi causato da un continuo aumento di domanda. Infatti un
da domanda
suo aumento causa a sua volta un aumento di produzione, e con esso un aumento dei prezzi tanto più alto
quanto più vicini si è alla produttività potenziale. L’inflazione è associata ad aumenti continui dei
da costi trasla
costi per produrre una data quantità di prodotto. Ciò che accade è abbastanza intuitivo: la curva Y
o
verso l’alto e a sinistra, e dunque al prezzo di equilibrio (che sarà più alto) la domanda sarà ridotta. Quanto
più essa è inelastica, tanto più le imprese saranno in grado di scaricare i costi sui consumatori. L’inflazione
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si riferisce all’aumento dei prezzi dovuto all’inefficienza di certi meccanismi. Quando la struttura
strutturale
della domanda (o dell’offerta) dell’economia cambia, alcuni settori registrano un aumento della domanda,
mentre altri ne accusano riduzioni. Se prezzi e salari sono rigidi verso il basso nel settore in declino, mentre
aumentano nel settore in espansione, il livello generale di prezzi e salari aumenterà. Il problema sarà tanto
più grave quanto meno elastica è l’offerta a questi mutamenti. Nel prendere le decisioni gli individui
tengono conto del tasso di inflazione atteso. Quanto maggiore è il tasso di inflazione atteso, tanto maggiori
saranno gli aumenti di salari e prezzi e quindi il tasso effettivo di inflazione.
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3 . 4 )
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e (
3 . 4 )
La legge di Say afferma che in regime di libero scambio l’offerta aggregata crea da sé la sua domanda in
quanto ogni produttore si fa sia acquirente che venditore, e dunque non sono possibili crisi prolungate; se è
presente un eccesso di offerta, questo viene eliminato da una diminuzione del prezzo. In un economia di
baratto di questo tipo l’offerta di un dato bene è contestualmente domanda di un altro. La legge di Say
presuppone dunque un mercato perfettamente concorrenziale (prezzi flessibili) e assenza di tesaurizzazione 1
della moneta. Say quindi era convinto che il mercato lasciato a se stesso tende a raggiungere l'equilibrio di
piena occupazione, ed è dunque in grado di allocare le risorse in modo
p efficiente. Secondo Keynes, invece, è necessario un intervento dello
Stato, al fine di aumentare la domanda aggregata, in quanto il mercato
opera in regime di concorrenza imperfetta, e le imprese, variando la
quantità prodotta, possono influire sul prezzo. I Keynesiani sostengono
o
Y
P’ il principio della che consiste nell'assunzione secondo
domanda effettiva,
cui il livello della produzione, e quindi del reddito, risulta influenzato
d
Y dal livello della domanda aggregata. La domanda effettiva è il punto
d
Y 1 nel quale il ricavo previsto da un dato livello di occupazione eguaglia il
prezzo complessivo di offerta, ed è il livello al quale si attesterà la
d o
Y
Y** Y* , Y produzione. Dunque nella visione di Say (liberista), l’aggiustamento
all’equilibrio si verifica variando i prezzi di mercato. Nella visione Keynesiana invece, l’aggiustamento si
verifica tramite variazione della quantità prodotta (come può vedersi in figura): se c’è un eccesso di offerta,
aumentano le scorte in magazzino, e le aziende diminuiranno la produzione per riportarle al livello
desiderato; se c’è un eccesso di domanda diminuiranno le scorte in magazzino, e le aziende aumenteranno la
produzione per ricostituirle. Nell’analisi Keynesiana le famiglie scelgono quanto consumare (e dunque
quanto risparmiare) in base al loro reddito. La sarà data da:
funzione del consumo
( ) ( )
> < <
= ϒ = + ϒ
o o a 0 ; 0 b 1
C C a b
dove è il consumo di sussistenza, ovvero quanto l’economia deve consumare per vivere
a
anche in assenza di produzione, e la (PMG ), cioè la parte
b propensione marginale al consumo C
di incremento unitario del reddito che viene consumata ed è sempre minore di 1 in quanto
è ragionevole pensare che non tutto l’aumento del reddito verrà
consumato. Risulta b>0 in quanto è ragionevole pensare che non tutto l’aumento del
reddito verrà risparmiato. Definiamo PME , che rappresenta il
propensione media al consumo C
= ϒ = ϒ +
livello di reddito consumato: , che risulta decrescente poiché
o o
PME C / ( a / ) b
C
all’aumentare del reddito il consumo di sussistenza medio diminuisce. Definiamo ora la
data dal reddito prodotto al netto del consumo:
funzione del risparmio, ( ) ( )
= ϒ − ϒ = − ϒ −
o o o
S C 1 b a
dove la quantità –a viene definita e (1–b)
risparmio di sussistenza, propensione
(PMG ). Analogamente definiamo
marginale al risparmio propensione media al
S
PME la quantità (S/Y ), che risulta crescente col reddito, ma sempre minore di
o
risparmio S
PMG . Il reddito disponibile delle famiglie è quello disponibile per consumo e risparmio, ed esse lo ricevono
S
dalle imprese (sotto forma di salari e stipendi) per aver fornito i fattori di produzione. A questo vanno
aggiunti i fondi stanziati dallo Stato, e tolte le imposte dirette pagate ad esso.
1 La tesaurizzazione indica l’accumulazione di moneta da parte dei privati e la creazione di riserve da parte degli Stati.
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G
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Il principio della domanda effettiva può essere tradotto in formula esplicitando il fatto che i prezzi
rimangono fissi e pari a 1 e imponendo la condizione di equilibrio tra domanda e offerta aggregata:
ϒ = ϒ = ϒ = + + = + ϒ + +
o d o
* C I G a b I G
0 0 0 0
dove gli investimenti e la spesa pubblica sono decisi esogenamente e tenuti fissi (per questo sono segnati con
pedice 0) e le esportazioni non sono prese in considerazione. Con dei calcoli matematici opportuni si trova:
+ +
a G I
ϒ = 0 0
* −
1 b
Dunque il reddito di equilibrio Y* è dato dal prodotto tra A = (a + G + ), detta ed
I domanda aggregata esogena,
0 0
= 1 / (1 – chiamato Per ovvie ragioni vale sempre Y* < Y , con Y reddito di
m b), moltiplicatore keynesiano. po po
piena occupazione. Si noti come il moltiplicatore dipende unicamente dalla
propensione marginale al consumo, ed è unitario se b 0 (cioè se le famiglie
sono oltremodo parsimoniose), infinito se b 1 (le famiglie sono oltremodo
consumiste). Come può vedersi dalla figura, data una variazione di A (da A ad
0
), la variazione di Y* (da Y* a Y* ) risulta più che proporzionale nella misura
A 1 0 1
stabilita dal coefficiente a patto che vi siano sufficienti risorse produttive
m,
inutilizzate. L’equilibrio di cui si parla è un equilibrio di sottooccupazione, in cui
il mercato non riesce a raggiungere l’equilibrio di piena occupazione Y , a causa
po
dell’insufficienza della domanda aggregata. Lo Stato può cercare però di far sì
che Y* si avvicini il più possibile ad Y , ad esempio finanziando la spesa pubblica G , tramite emissione di
po 0
moneta, indebitamento (che non hanno effetto sul mercato dei beni), o tassazione. Vediamo il terzo metodo.
Si può parlare di tassazione fissa, se T = T = costante, se T = Y, o se vengono
proporzionale, t progressiva,
0
fissate aliquote diverse per scaglioni di reddito diversi. Se vi è un obbligo del bilancio in pareggio (T=G), e si
sceglie una tassazione fissa, un aumento di G genera un uguale aumento di T e si ha la condizione seguente:
ϒ = + + ( Y = Y – T
m a I G
* ( ) d
tenuto conto che )
0 0
cioè il moltiplicatore della spesa pubblica si riduce a 1. In questo caso un aumento di G produce una
0
variazione unitaria positiva nel reddito, ma anche una uguale e opposta tassazione del reddito disponibile
delle famiglie: i due effetti si controbilanciano, e non vi è aumento del reddito. Se invece non vi è alcun
obbligo di bilancio, e T≠G, allora la condizione di equilibrio diventa:
ϒ = + + − ( Y = Y – T
m a G I bT
* ( ) d
tenuto conto che )
0 0 0
Il moltiplicatore rimane invariato, e la tassazione influisce solo sull’ammontare della domanda aggregata
esogena, riducendola. Un aumento della spesa pubblica risulta allora più efficace di una riduzione del
reddito, infatti – < 1/(1 – (qualitativamente: la spesa pubblica agisce direttamente sulla domanda
b/(1 b) b)
aggregata mentre la tassazione ha un’influenza indiretta tramite l’aumento del reddito disponibile. Ma parte
dell’aumento del reddito disponibile non si trasforma in aumento di consumo perché viene risparmiata).
Se al livello di pieno impiego la domanda eccede l’offerta si determina un problema di eccesso di domanda
che non può essere risolto. Y rappresenta un tetto reale all’output: nel breve periodo il reddito nazionale
po
non può eccedere questo livello e quindi il reddito di equilibrio non può essere raggiunto. Si determina
allora uno scarto inflazionistico, una pressione che genera l’aumento dei prezzi. I keynesiani sono a favore di
una politica economica attiva per il controllo della domanda: aumentare la domanda aggregata
(aumentando la spesa pubblica o riducendo le imposte) per eliminare lo scarto
deflazionistico (sotto-occupazione delle risorse); ridurre la domanda aggregata per
eliminare lo scarto inflazionistico. Quando la produzione è lontana dalla piena
occupazione incrementi di produzione provocano aumenti
Tasso contenuti dei prezzi. Avvicinandosi al pieno impiego i
Curva di Phillips prezzi aumentano sempre di più. Il modello keynesiano
di implica che possono generarsi inflazione o disoccupazione,
inflazione ma non tutte e due insieme. Ma disoccupazione e inflazione
non sono causate esclusivamente da eccessi di domanda e di offerta (inflazione da
costi e da aspettative, disoccupazione frizionale e strutturale). Quindi tale modello
Disoccupazione può assumersi valido in assenza delle altre tipologie di inflazione e disoccupazione.
Si guardi la curva di Phillips, che descrive una relazione tra inflazione e disoccupazione nelle precedenti
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ipotesi. Un aumento della domanda aggregata è soddisfatto dalla offerta di lavoro in eccesso senza bisogno
di aumentare i salari e, di conseguenza, i prezzi. Mano a mano che il lavoro scarseggia le imprese devono
pagare salari più elevati. Secondo i keynesiani sono le fluttuazioni della domanda aggregata a spiegare le
fluttuazioni cicliche della produzione e della disoccupazione (ciclo Tali fluttuazioni sono
economico).
determinate dall’instabilità degli investimenti e dalla variazione delle scorte. La teoria dell’acceleratore
afferma che l’ammontare degli investimenti non dipende dal livello della domanda, ma dal suo tasso di
crescita. Le fluttuazioni degli investimenti tendono a essere molto più accentuate di quelle del reddito
nazionale e influiranno notevolmente sulla domanda aggregata, avendo un effetto amplificato sul reddito
nazionale. Le scorte hanno un andamento fluttuante nel corso del ciclo economico, e tali variazioni a loro
volta influiscono sulle variazioni della produzione, come già visto. I keynesiani sostengono che il governo
dovrebbe tentare di ridurre le fluttuazioni cicliche ricorrendo a politiche attive di stabilizzazione, attraverso
una che ha come obiettivi la prevenzione di disequilibri e la mitigazione delle fluttuazioni
politica fiscale,
economiche. Un’economia più stabile offrirà un contesto migliore per gli investimenti di lungo periodo in
quanto ridurrà l’incertezza. Una politica fiscale consiste in un aumento della spesa pubblica o in
espansiva
una riduzione delle imposte. Ciò aumenta la domanda aggregata e dà luogo ad un più che proporzionale
aumento del reddito nazionale (riduzione della disoccupazione e rallentamento dell’espansione in fase di
progresso del ciclo). Una politica fiscale consiste in una riduzione della spesa pubblica e in un
restrittiva
aumento delle imposte (smorzamento dell’inflazione, rallentamento della recessione in fase di regresso). La
politica fiscale incide sul bilancio BS dello stato: BS = T – G – rD, con rD pagamento degli interessi sul debito.
È chiaro che se BS < 0, lo Stato ha un disavanzo, se BS > 0, si ha un avanzo pubblico.
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3 . 5 )
Chiamiamo l’insieme delle monete e banconote circolanti, dei depositi bancari e di altri strumenti
moneta
finanziari, a seconda dell’ampiezza della definizione stessa di moneta. Essa funge da mezzo di scambio, da
riserva di valore, da unità di conto e come mezzo per trasferire il valore nel tempo. Le banche hanno un
ruolo cruciale nel sistema monetario, in quanto i depositi bancari costituiscono l’offerta di moneta più
consistente. Distinguiamo che si rivolgono ad un pubblico indistinto senza alcun limite
banche commerciali,
minimo nelle operazioni svolte, dalle le quali agiscono invece da procuratori d’affari e anziché
banche d’affari,
fungere da deposito, offrono servizi di consulenza alle Società, gestendo grandi patrimoni privati; in altre
parole fungono da intermediari finanziari. Tra le banche d’affari annoveriamo anche le cosiddette banche
nelle quali prevale il ruolo di investimento a medio o a lungo termine, spesso con assunzioni
d’investimento,
di capitale di rischio (azioni). Le sono rappresentate dalla raccolta dei risparimi attraverso i
passività bancarie
depositi. I clienti hanno il diritto di riscuotere le somme depositate, e la banca ha l’obbligo di restituirle,
qualora richieste. I principali strumenti di raccolta sono i (convertibili in danaro senza termine
depositi a vista
di preavviso e liberamente trasferibili), (investimenti a tasso fisso per un certo periodo, i cui
depositi vincolati
fondi non possono essere prelevati prima di un termine stabilito senza incorrere in una penalità), certificati di
(titoli vincolati e trasferibili che attribuiscono al possessore il diritto al rimborso del capitale alla
deposito
scadenza più un interesse a tasso fisso o variabile) e (contratti nei quali la banca cede dei
pronti contro termine
titoli a un acquirente e si impegna, nello stesso momento, a riacquistarli dallo stesso acquirente a un prezzo
più alto e ad una data predeterminati, e a quella data l'acquirente deve avere i titoli pronti). Le attività
sono rappresentate dai crediti delle banche nei confronti di terzi (prestiti a breve e/o lungo termine,
bancarie
circolante e conto presso la banca centrale). Due parametri importanti dell’attività bancaria sono la redditività
e il la prima si misura con il rapporto tra profitto medio e denaro raccolto (o
delle banche grado di liquidità:
valore dell’attivo), mentre il grado di liquidità viene misurato con la facilità con cui la stessa può essere
convertita in moneta senza sostenere costi. Il ℓ è dato dal rapporto tra attività liquide e
tasso di liquidità
attività totali. Gli obiettivi di liquidità e redditività tendono a essere in contrasto tra loro. In generale, quanto
più un’attività è liquida tanto meno è redditizia e viceversa. Le banche devono mantenere una parte del
proprio attivo in contanti o in forma liquida. In pratica, devono fissare un tasso di liquidità ottimale. La banca
svolge due compiti vitali nell’economia: esercita la vigilanza sul sistema bancario, provvede
centrale
all’offerta di moneta e conduce la politica monetaria. Essa emette banconote, agisce come banca (per il
governo, per le altre banche, per le banche centrali estere), è agente del Tesoro nell’emissione dei titoli del
debito pubblico, fornisce la liquidità necessaria alle banche agendo come prestatore di ultima istanza, e attua
la politica monetaria e del tasso di cambio. L’offerta di moneta è costituita da una (moneta
base monetaria
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vera e propria circolante più i depositi a vista) e da un Il prodotto tra base monetaria e
moltiplicatore m.
moltiplicatore dei depositi, genera l’offerta di moneta. Solitamente si assume = 1/ ℓ. Ciò significa che un
m
aumento dei depositi di 10 unità, con un tasso di liquidità pari al 10% (ℓ=0.1), causerà un aumento
dell’offerta di moneta fino a 100 unità. Nei fatti, il processo di moltiplicazione non è così semplice, infatti ci
sono quattro complicazioni: il tasso di liquidità delle banche può variare nel tempo, i clienti possono non
domandare tutto il credito offerto, può essere difficile calcolare il tasso di liquidità e parte del contante
potrebbe uscire dal flusso del reddito perché prelevato dalle banche. L’offerta di moneta, tirando le somme,
può aumentare se le banche decidono di ridurre il tasso di liquidità, se vi è un afflusso di fondi dall’estero o
se si verifica un disavanzo del settore pubblico. Sembra plausibile ipotizzare che l’offerta di moneta sia
endogena. Se, a partire dall’equilibrio, aumenta la domanda di moneta, aumenta anche il tasso di interesse.
Infatti se le banche hanno liquidità disponibile o se possono operare con un tasso di liquidità inferiore
saranno incentivate a creare nuova moneta.
La domanda di moneta esprime quanta moneta un’economia vuole tenere invece di spenderla nell’acquisto
di beni, servizi o di attività finanziarie. Si distinguono tre moventi che spingono gli individui a domandare
moneta: La funzione della domanda è nota come
transazionale (1), precauzionale (2), speculativo (3). preferenza
Distinguiamo saldo monetario attivo e passivo: il primo è dato dalla somma della domanda di
della liquidità.
moneta dovuta ai primi due moventi ed è in gran parte determinato dal reddito nazionale Y (moneta quale
mezzo di scambio per i beni di consumo); il secondo è dato dalla domanda di moneta per movente
speculativo, ed è determinato dal tasso di interesse Infatti il prezzo di un’attività finanziaria è
r.
inversamente correlato al tasso di interesse. Se il prezzo dei titoli è basso, il tasso di interesse è elevato e
quindi gli individui preferiranno investire e detenere meno moneta. La domanda totale di moneta è allora:
Μ = Μ ϒ + Μ ϒ + Μ = Μ ϒ
d d d d d
( ) ( ) ( r ) ( , r )
1 2 3
Allora la curva di preferenza per la liquidità per dato reddito Y e in
funzione di sarà qualitativamente rappresentata da una curva come r
r, o
M
quella in figura. Una variazione di provocherà spostamenti lungo la
r
curva, una variazione di Y spostamenti dell’intera curva stessa (verso
l’alto se Y aumenta, viceversa se diminuisce). L’equilibrio del mercato
della moneta si raggiunge, naturalmente, quando si incontrano le
curve di offerta e di domanda della moneta. L’equilibrio viene r
E
raggiunto dunque, per dato Y, grazie a variazioni del tasso di interesse.
>r c’è un eccesso di offerta di moneta. Allora gli individui la
Se r
1 E d
M
utilizzeranno per acquistare obbligazioni e il loro prezzo aumenterà. M
Quindi il tasso di interesse diminuisce fino a che non si raggiunge e
l’equilibrio. Lo Stato cerca di controllare l’offerta di moneta e i tassi di interesse, attraverso la supervisione
dell’offerta di moneta nel medio e lungo periodo con misure di politica monetaria di breve periodo, e
cercando di non generare un elevato fabbisogno finanziario nel lungo periodo. Infatti una delle principali
cause dell’aumento dell’offerta di moneta nel lungo periodo è data dal finanziamento del debito pubblico. Se
il debito è finanziato con operazioni di mercato aperto in cui la banca centrale acquista titoli dal sistema
bancario, allora l’offerta di moneta aumenta. Se il debito è collocato presso il settore privato, allora non si ha
un aumento dell’offerta di moneta. Inoltre, il maggiore credito di cui necessita il settore pubblico genera
l’effetto di spiazzamento degli investimenti del settore privato. Nel breve periodo, invece, lo strumento a
disposizione dello Stato è il controllo dell’offerta di moneta e dei tassi di interesse. Per farlo, è necessario far
variare la liquidità del sistema bancario. Si modifica l’offerta totale di moneta agendo sull’ammontare di
credito concesso dalle banche con operazioni di mercato aperto, con aumento della scadenza dei titoli del
debito pubblico, o modificando la riserva obbligatoria. L’approccio più comune di politica monetaria
consiste nel controllare i tassi d’interesse. La banca centrale annuncia una variazione nei tassi di interesse e la
realizza mediante variazioni del tasso di sconto . Per razionare il credito la banca centrale può chiedere alle
1
banche di ridurre i prestiti più rischiosi o non essenziali o razionare il credito attraverso la determinazione
dell’ammontare minimo di depositi o di tempi massimi di restituzione di capitali presi a prestito.
1 Il tasso di sconto è il tasso di interesse al quale un istituto di credito paga i fondi monetari di breve durata direttamente
alla banca centrale. Chiaramente la banca non emetterà prestiti alla clientela con un tasso inferiore al tasso di sconto.
R S – C S 21
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3 . 6 )
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a m b
i
o (
3 . 6 )
La è un documento contabile nel quale vengono registrate le transazioni tra un sistema
bilancia dei pagamenti
economico e il resto del mondo. Le entrate di moneta vengono considerate (segno positivo), le uscite
crediti
(segno negativo). Le componenti della bilancia dei pagamenti sono:
debiti bilancia di conto corrente, bilancia di
ed infine Ciascuna di esse è poi suddivisa in
conto capitale, bilancia di conto finanziario, errori ed omissioni.
ulteriori parti. La bilancia di conto corrente è quella sezione che registra i flussi associati ai movimenti di
merci (beni fisici) e servizi (parte invisibile), che insieme costituiscono il saldo della bilancia commerciale, e
ai movimenti di redditi e trasferimenti, che insieme costituiscono il saldo delle Se vi è
partite di contocorrente.
un surplus, significa che i redditi provenienti dall’estero superano le spese effettuate all’estero, viceversa se
vi è un deficit; il verificarsi di una delle due situazioni porta ad acquisti o vendite ulteriori di attività
finanziarie estere. La bilancia di conto capitale registra i flussi di moneta collegati all’acquisto o alla vendita
di beni capitali e di attività intangibili (brevetti, diritti d’autore, avviamento commerciale). La bilancia di
conto finanziario registra i flussi monetari associati alle transazioni di attività finanziarie relative ad
investimenti diretti (transazioni fra investitori e imprese coinvolte dall'investimento), derivati (transazioni
relative a strumenti finanziari complessi), investimenti di portafoglio (operazioni tra residenti e non
residenti che riguardano titoli azionari e obbligazionari escluse quelle che vengono registrate negli
investimenti diretti e nella voce “derivati”) e altri (crediti, prestiti, depositi). Bisogna altresì aggiungere il
movimento finanziario generato dalla variazione delle riserve della Banca Centrale. Le riserve ufficiali della
BCE e delle Banche Centrali nazionali facenti parte dell’Euro-sistema sono definite come le attività detenute
in valuta diversa dall’euro dotate di liquidità, commerciabilità e qualità elevate. La voce «errori e omissioni»
è una voce residua che si riferisce a errori e imprecisioni dovute al cambio tra la moneta dei diversi paesi, a
sfasamenti nella registrazione del conto corrente e del conto finanziario o ad omissioni legate al conto
capitale (mancata registrazione di movimenti di capitali). Viene introdotta un’apposita voce (errori e
omissioni) per correggere tali errori che non consentono di ottenere un pareggio del saldo. Il saldo della
bilancia dei pagamenti è infatti sempre uguale a zero, grazie alla voce «Riserve ufficiali» della Banca
Centrale, che compensa esattamente qualsiasi saldo attivo o passivo nella somma di tutte le altre voci.
Il rappresenta il rapporto con cui due monete vengono scambiate sul mercato delle valute. Per
tasso di cambio
dedurre il suo andamento complessivo è opportuno guardare la media ponderata dei suoi tassi di cambio
rispetto a tutte le altre valute (indice Il peso dato a ciascuna valuta nel calcolo dell’indice
del tasso di cambio).
dipende dalla quota di scambi intrattenuti con quel paese. Naturalmente la domanda di una valuta è
decrescente rispetto al suo tasso di cambio, mentre la sua offerta è crescente con esso. Infatti, per fare un
esempio, tanto più è basso il tasso di cambio dollaro/euro, tanto più alta sarà la domanda degli statunitensi
di beni e titoli italiani. A sua volta, tanto più il tasso di cambio dollaro/euro Tasso
è elevato, tanti più dollari dovranno essere dati per un certo ammontare di
euro, cioè più italiani saranno disposti ad offrire i propri euro per ECCESSO DI
di OFFERTA
comprare prodotti americani. Il tasso di cambio di equilibrio è determinato cambio S UE
E
dall’incontro tra domanda e offerta di valuta. Se si ha un tasso E > E*, il 1
1
tasso di cambio deve diminuire per incentivare la domanda e causare una dollaro/euro E*
diminuzione dell’offerta. Nella pratica, questi aggiustamenti all’equilibrio
sono quasi istantanei. Come può intuirsi dalla figura, spostamenti delle D
USA
curve di domanda e offerta causano una diminuzione (deprezzamento) o un
aumento (apprezzamento) del tasso di cambio di equilibrio. Le possibili Euro
cause di un deprezzamento di una moneta possono essere:
Un aumento della domanda aggregata interna. Gli individui desiderano comprare più beni importati e
1 .
1 . l’offerta di moneta nazionale si sposta a destra.
Un tasso di inflazione nazionale maggiore di quello prevalente all’estero. Le importazioni diventano
2 .
2 . relativamente meno care e l’offerta di moneta nazionale si sposta verso destra.
Una diminuzione del tasso di interesse nazionale. Ciò provoca un deflusso di moneta all’estero perché i
3 .
3 . risparmiatori nazionali possono ottenere un interesse più elevato.
Aspettative sulla diminuzione del tasso di cambio o migliori prospettive di investimento all’estero.
4 .
4 .
Nei casi opposti si ha un apprezzamento del tasso di cambio. Se il Governo non interviene su tassi di cambio
e bilancia dei pagamenti, allora si dice che si ha un Se vige un regime di cambi
regime di cambi flessibili.
R S – C S
22 II
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flessibili, la bilancia dei pagamenti tende a raggiungere automaticamente il pareggio. Il lato dei crediti
rappresenta la domanda di valuta nazionale, mentre il lato dei debiti ne rappresenta l’offerta. Un tasso di
cambio flessibile assicurerà il pareggio, visto che i crediti eguaglieranno i debiti. Normalmente, però, il
Governo è riluttante a lasciare il tasso di cambio libero di fluttuare, poiché variazioni continue nei tassi di
cambio sono fonte di incertezza per chi deve effettuare investimenti e scambi. Il Governo può allora usare le
riserve di valuta presso la banca centrale. Questa infatti può vendere oro e riserve in valuta estera per
comprare valuta nazionale. Un’altra soluzione consiste nei prestiti esteri: il Governo può negoziare un
prestito in valuta estera da altri Governi e utilizzarlo per comprare valuta nazionale sul mercato dei cambi.
Infine può aumentare dei tassi di interesse per indurre gli investitori esteri a depositare valuta nel nostro
Paese e scoraggiare i residenti dal depositare moneta all’estero. Entrambi i sistemi (flessibile e non) hanno
pro e contro, e la tabella seguente mostra sinteticamente vantaggi e svantaggi per entrambi:
R
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E G
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A
R
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B I L E
Vantaggi Svantaggi Vantaggi Svantaggi
Certezza, una speculazione Necessità di mantenere in Correzione automatica. Tassi di cambio instabili.
ridotta ai minimi termini, pareggio la bilancia dei Assenza di problemi di Speculazione. Incertezza su
inattuabilità di politiche pagamenti (anche se ciò è in liquidità internazionale e di commercio e investimenti.
macroeconomiche contrasto con gli interessi gestione delle riserve. Mancanza di disciplina da
irresponsabili. imprenditoriali). Politiche Indipendenza dagli eventi parte delle economie della
restrittive che conducono a legati alle altre economie. nazione.
una recessione mondiale. I governi sono liberi di
Problemi di liquidità scegliere le proprie
internazionale. Incapacità politiche economiche.
di adattamento in seguito a
eventuali shock. Elevata
speculazione nel caso in cui
si sia convinti che non si
può mantenere il pareggio.
I S – L
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3 . 7 ) Gli investimenti sono le risorse che le
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o impianti e macchinari o per aumentare
le scorte. Possono essere finanziati
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n i tramite prestiti bancari, emissioni di
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M M Y Y titoli o utilizzo di utili precedentemente
accumulati. Il tasso di interesse r
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r
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i o E q
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i
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i o influenza gli investimenti che
costituiscono una componente della
domanda aggregata in un modo che
q
∆ ∆
M G può essere supposto lineare:
r ( )
>
= − d 0
I I dr
0
dove rappresenta la componente
I 0
e
Y autonoma degli investimenti, la
dr
componente che dipende dal tasso di interesse. Per ipotesi, i prezzi sono costanti e pari all’unità. In questo
modo il tasso di interesse nominale coincide con il tasso di interesse reale. Come sappiamo la domanda di
moneta dipende positivamente dal livello di reddito, e negativamente dal tasso di interesse, che ne
rappresenta il costo opportunità. Diamo ora esplicitamente la funzione che esprime la domanda di moneta,
( )
>
Μ = ϒ −
d
che può approssimarsi lineare: f , g 0
f gr
Le obbligazioni sono caratterizzate da quattro parametri: valore nominale, interesse nominale, quotazione
(pari al prezzo) e tasso di interesse effettivo La domanda di obbligazioni aumenta quando aumenta il tasso
r.
di interesse e viceversa, e dunque il loro equilibrio sul mercato dipende dal tasso di interesse. Le decisioni di
R S – C S 23
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detenere moneta e obbligazioni sono complementari e devono rispettare il la somma di
vincolo di portafoglio:
moneta e obbligazioni non deve essere maggiore della ricchezza del consumatore. La legge di Walras
afferma che in un’economia composta da mercati, se mercati sono in equilibrio, allora anche l’n-esimo
n n–1
mercato lo è. Analizziamo allora l’equilibrio sul mercato dei beni e I, S S
quello della moneta, congiuntamente. Ricaviamo l’equilibrio S=I. Se E
1
a )
aumenta il tasso di interesse diminuiscono gli investimenti (da I
r, I 1 2 I
1
E
e verrà raggiunto un nuovo equilibrio. Possiamo riportare i due 2 I
2
equilibri nel piano (Y, r), ottenendo la curva IS, i cui punti
rappresentano tutte le combinazioni di reddito e tasso di interesse che Y
garantiscono equilibrio sul mercato dei beni: r
+ +
a I G d
ϒ = + ϒ + − + ϒ = −
; (1)
0 0
a b I dr G r EE
cc
cc
ee
ss
ss
oo dd
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c c e s s o d
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− −
0 0 e 2
1 b 1 b r oo
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ff
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aa
2 o
f
f
e r t a
Nei punti a sinistra della curva IS, il tasso è troppo basso è la domanda r E
1 1
di investimenti è eccessiva rispetto a quella di equilibrio, e dunque si EE
cc
cc
ee
ss
ss
oo dd
ii dd
oo
m aa
nn
dd
aa IS
m
E
c c e s s o d
i d
o m a
n
d a
ha un eccesso di domanda di beni, viceversa nei punti a destra. Un
aumento delle componenti esogene della domanda sposta la curva Y Y Y
2 1
verso destra. Quanto più sensibili sono gli investimenti al tasso di
interesse, tanto maggiori saranno le variazioni del reddito nazionale necessarie a mantenere in equilibrio il
mercato dei beni in seguito a una data diminuzione del tasso di interesse. Quanto maggiore è il
moltiplicatore, tanto più la curva IS è
o
M
r r EE
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cc
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ii elastica. Passiamo ora al mercato della
E
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M 2 oo
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e r t a moneta. Ricaviamo l’equilibrio = .
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r d Possiamo riportare i due equilibri nel
2 M 1 E
2 piano (Y, r), ottenendo la curva LM, i
r
1 cui punti rappresentano tutte le
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1 E
1 EE
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n
d a combinazioni di reddito e tasso di
interesse che garantiscono l’equilibrio
M Y Y Y
1 2 sul mercato della moneta:
Μ + gr
Μ = Μ = Μ = ϒ − ϒ =
o d (2)
f gr ; e f
Nei punti a destra della curva LM il tasso è troppo basso, e la domanda di moneta con movente speculativo è
eccessiva (eccesso di domanda), viceversa per i punti a sinistra. Un aumento dell’offerta di moneta causerà
uno spostamento della curva verso destra, viceversa una diminuzione. Quanto più la domanda di moneta è
sensibile al reddito tanto maggiore è l’aumento del tasso di interesse necessario per garantire l’equilibrio sul
mercato della moneta in seguito a una variazione data di Y. Quanto più la domanda di moneta è sensibile al
tasso di interesse tanto maggiore è l’aumento di reddito necessario a mantenere in equilibrio il mercato della
moneta per un dato aumento del tasso di interesse. Per bassissimi livelli di reddito si verifica talvolta la
cosiddetta accade cioè che fintantoché il reddito è basso tutti sono disponibili a
trappola della liquidità:
detenere una qualsiasi quantità di moneta offerta in forma liquida. La curva LM torna inclinata
positivamente ad un livello più alto di reddito. L’equilibrio macroeconomico si ottiene, infine, dalla
risoluzione simultanea della (1) e della (2) rispetto alle incognite Y e r:
f
Μ −
1 d 1 b
g
ϒ = + = − Μ
* A ; r * A
( )
− +
df df
g g 1 b df
− + − +
1 b 1 b
g g
con = a + + G . In corrispondenza del punto Y* ed le curve IS ed LM si intersecano. L’equilibrio
A I r*,
0 0
individuato dalla intersezione tra la curva IS e la curva LM in genere non garantisce che si raggiunga il
reddito di piena occupazione. È necessario l’intervento pubblico che, attraverso le politiche fiscale e
monetaria, permetta di raggiungere il pieno impiego delle risorse. Supponiamo che il settore pubblico agisca
∆G>0 più vicino alla piena
sulla spesa pubblica provocando un per ottenere un livello di reddito pari a Y
2
occupazione Y (dato il moltiplicatore keynesiano). Il reddito di equilibrio risulta essere Y (si faccia
po e3
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24 II
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DESCRIZIONE APPUNTO
Il file proposto è propedeutico al superamento dell'esame di economia per ingegneri del corso di ingegneria gestionale, ma risulta comunque valido per qualsivoglia allievo intenzionato ad apprendere i più svariati concetti dell'economia, in quanto consta di quattro capitoli: disciplina giuridica dell'impresa, microeconomia, macroeconomia, calcolo economico finanziario. Per merito di un gran lavoro di sintesi, in una trentina di pagina trovate tutti i concetti chiave dell'economia, accompagnati da grafici esplicativi. Il libro da cui si è preso spunto è "Economia" (Begg, Vernasca, Fischer, Dornbusch), e le dispense del corso del professore Abbate.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher RiccardoScimeca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia applicata all'ingegneria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Palermo - Unipa o del prof Abbate Lorenzo.
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