Dalla Seconda Guerra Mondiale alla dissoluzione dell'URSS: un viaggio storico

L'ascesa dell'URSS nel dopoguerra

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’URSS diventa il centro del mondo comunista. Nel 1973, quest’ultimo contava, in tutto il mondo, 14 paesi, la cui popolazione corrispondeva ad 1/3 degli abitanti della terra.

Il regime di Stalin e la sua eredità

Nei primi anni del dopoguerra, il potere restò concentrato nelle mani di Stalin e del suo regime dittatoriale. Egli favorì il culto della sua personalità in modo esasperato e fece uso di mezzi repressivi come epurazioni, purghe, invio degli oppositori nei campi di concentramento. Stalin dette un forte impulso alla ricostruzione ed il paese diventò una potenza industriale. Tuttavia, i piani quinquennali erano troppo rigidi e la burocrazia troppo invadente per cui lo sviluppo economico mancò di equilibrio. Un altro aspetto negativo della politica economica staliniana è che egli continuò a dare preferenza all’industria pesante e agli armamenti mentre i beni di consumo destinati alla popolazione si rivelavano scarsi.

La destalinizzazione di Krusciov

Alla morte di Stalin, avvenuta nel 1953, l’incarico di segretario del partito passò a Nikita Krusciov.

Egli iniziò l’opera dio destalinizzazione, attenuando i metodi repressivi e liberando un gran parte dei prigionieri e deportati politici. Il rapporto che nel 1956 lesse al XX congresso del Partiti comunista (PCUS) suscitò molto clamore perché condannava i metodi spietati del suo predecessore. Cercò anche di liberalizzare la vita economica e di rendere più elastica la cesura, ma non fu ammessa la presenza di altri partiti.

Gorbaciov e la democratizzazione

L’azione di destalinizzazione che si interruppe dal 1964 al 1982 dal successore di Krusciov, fu ripresa nel 1985 dal nuovo segretario del PCUS, Michail Gorbaciov. I termini che sono associati alla sua politica sono “glasnost” (trasparenza) e “perestrojka (= ristrutturazione). Egli ampliò la libertà di espressione e di critica, ammise altri partiti oltre a quello comunista e consentì le libere elezioni. Trovò una forte opposizione all’interno del partito, a tal punto che gli alti comandanti militari tentarono un colpo di stato nel 1991. Il golpe militare fallì ed ebbe l’effetto di accelerare la democratizzazione: il PCUS fu dichiarato fuori legge e il potere passò nelle mani di Boris Eltsin. Quest’ultimo, dopo aver preso il posto di Gorbaciov, iniziò le privatizzazioni di molti ambiti dell’economia.

La dissoluzione dell'URSS e le sue conseguenze

Nel 1991, l’URSS si sciolse e fu sostituita dalla CSI (= comunità di Stati Indipendenti), ovvero da una forma di collaborazione fra le varie repubbliche che in origine formavano l’URSS e che si erano dichiarate indipendenti come l’Estonia, la Lettonia e l’Estonia che furono le prime. Tuttavia, i nuovi stati indipendenti, internamente, erano molto deboli come difficile era l’avvio verso una vita veramente democratica.

Il conflitto in Cecenia e la transizione di potere

All’inizio degli anni ’90 ci furono dei tentativi di colpi di stato che volevano limitare le libertà democratiche, appena acquisite, sotto la spinta di conflitti nazionalisti. L’avvenimento più tragico coinvolse la Cecenia, uno stato della regione caucasica. Nel 1992, la Cecenia si dichiarò indipendente e Mosca invio le sue truppe. Il conflitto fu lungo e sanguinoso e si risolse solo nel 1996. Nello stesso anno il perso di Eltsin, confermato presidente della repubblica nello stesso anno, cominciò a declinare. A causa di una salute precaria, il il 31 dicembre 1999 Eltsin si dimise della presidenza della repubblica indicando Vladimir Putin come suo successore.